Ospedale Spaziani di Frosinone. Un uomo di 46 anni giunge al pronto soccorso ammalato di Covid. Vi giunge dopo 7 giorni di febbre altissima e difficoltà respiratoria. I medici lo intubano. Altro non possono fare. L’uomo resta ricoverato per 20 giorni, poi riesce a salvarsi. Ma fa giusto in tempo. “Se avesse aspettato altri 2 o 3 giorni prima di recarsi all’ospedale non avremmo potuto fare più nulla”, dicono i medici all’uomo. Ora è guarito, ma porta con sé le conseguenze del virus: capacità polmonari ridotte al 75%, cuore indebolito, la notte costretto a dormire attaccato a una bombola d’ossigeno per evitare l’apnea e l’infarto.
Una vicenda come tante altre in questi mesi di pandemia smentisce ancora una volta quanti insistono nel dire che il Covid non esista o che sia solo una banale influenza. Sono i negazionisti. Quelli che credono alle congiure per ogni emergenza non chiarita. Ma chi sono i negazionisti? Secondo gli psicologi sono persone affette da sindrome del complotto. Una ricerca ha permesso di tracciare anche un identikit dei negazionisti. Di solito tendono a utilizzare come fonte di informazione solo i social network, non si fidano del sistema e della scienza, hanno una spiccata propensione a vivere in contesti caotici e di erosione sociale e tendono all’autoritarismo. Insomma, più che dei convinti sostenitori di tesi comprovate, sono degli individui affetti da una psicologia disturbata.
A confermarlo è anche lo scienziato Ted George Goertzel, secondo cui il complottista spesso ha difficoltà a relazionarsi con il prossimo, non si fida di nessuno e vede congiure dappertutto, come un paranoico. Goertzel è giunto a queste conclusioni dopo aver condotto uno studio su 347 cittadini. “Il complottista crede a più complotti ma non è quasi mai convinto di una sola teoria; nonostante ciò le sposa tutte. È spesso di classe socioeconomica medio-bassa ed il suo credo politico è ininfluente” – scrive Goertzel.
Il problema principale dei complottisti è che non si basano su prove di fatto per sostenere le sue teorie e questo finisce per generare altre teorie, una più assurda dell’altra, in una catena di Sant’Antonio che non si spezzerà mai. Una ricerca interessante in merito è quella condotta da Virem Swami e Rebecca Coles intitolata The truth is out there (La verità è lì fuori): la ricerca ha evidenziato che alcuni disturbi paranoici, scatenati da eventi personali, possono condurre un individuo a manifestare tendenze nel credere “al grande complotto”, senza contare che per natura l’uomo tende sempre a cercare spiegazioni a tutto ciò che è ignoto.
Naturalmente, il castello di convinzioni dei negazionisti dura fino a quando non restano contagiati dal Covid e allora cominciano a cambiare idea sul virus. E solo allora li senti lanciare proclami sulla necessità di sottoporsi al vaccino che, come tutti i farmaci, ha comunque i suoi effetti collaterali. Una convinzione che va crescendo se, come sottolineano gli esperti, “la somministrazione della vaccinazione al 90% circa della popolazione italiana indica che la quota degli esitanti è ormai ridotta all’osso, perciò altri strumenti dovrebbero essere messi in atto per spingere gli irriducibili a vaccinarsi, come una comunicazione empatica ed emozionale. Inoltre, è altrettanto evidente che serva ora una massiccia campagna di rinforzo motivazionale per contrastare i dubbi che potrebbero essere prodotti dalla contro-informazione anti-vaccinale”.
Una contro-informazione dannosa perché condotta nella più totale ignoranza. Tanto da creare dei veri e propri movimenti novax convinti che dietro l’obbligo vaccinale si nasconda una congiura orchestrata da forze occulte che mirano a decimare l’umanità a colpi di punture sanitarie fatte passare per salvavita. Punture che, contrariamente alla paranoia dei complottisti, spesso e volentieri sono proprio quelle che salvano la vita ed evitano conseguenze dannose che una persona potrà portarsi dietro per il resto della vita.