Giulio Regeni, il giovane ricercatore, ucciso in Egitto nel 2016 a Il Cairo, è stato seviziato per giorni dai servizi segreti egiziani. Al via il processo per quattro persone indagate degli 007: il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.
Giulio sarebbe stato seviziato per giorni costretto e legato, senza potersi muovere, con lame roventi, coltelli e bastoni. Oltre al sequestro di persona pluriaggravato contestato a tutti, Sharif è accusato di lesioni personali aggravate e omicidio; invece per Mahmoud Najem – spiega una nota della Procura di Roma – “non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio”.
Il pm Sergio Colaiocco ha coordinato le indagini sentendo la testimonianza degli indagati: “Ho visto Giulio ammanettato a terra con segni di tortura sul torace”, ha raccontato uno dei cinque testimoni. Giulio è stato condotto in carcere contro la sua volontà e bloccato alla metropolitana de Il Cairo dai cinque indagati che lo controllavano.
I genitori di Giulio, in questi lunghi anni, si sono chiesti dove fossero le attività istituzionali italiane, e chiedono all’ambasciatore italiano in Egitto di ritirarsi. “Come mai Giulio, un cittadino italiano, non è stato salvato in un Paese che era amico e che continua ad essere amico?”, ha detto Paola Regeni, la madre di Giulio, aggiungendo: “altrimenti tutti gli italiani che vanno all’estero possono ben dire di non sentirsi sicuri”.
“Come mai un Paese che intrattiene relazioni con l’Italia, di tipo economico e nel settore turistico e militare, non ha fatto nulla per salvaguardare la vita, del giovane ricercatore? La nostra lotta di famiglia è diventata una lotta di civilità per i diritti umani, che è come se agisse Giulio, diventato uno specchio che riverbera in tutto il mondo come vengono violati i diritti umnani in Egitto ogni giorno” ha detto in conferenza stampa alla Camera la madre di Giulio.