Giornalista fermato e picchiato dai poliziotti. "Si sono vendicati per le mia inchieste sulla Questura di Cosenza"

Gabriele Carchidi, direttore di un quotidiano online, è stato fermato e malmenato per aver rifiutato di fornire il documento di riconoscimento. Ma l'uomo è convinto che si sia trattato di una intimidazione.

Giornalista fermato e picchiato dai poliziotti. "Si sono vendicati per le mia inchieste sulla Questura di Cosenza"

Un giornalista calabrese, Gabriele Carchidi, è stato fermato e malmenato dalla polizia di Cosenza apparentemente senza una ragione vera. Anzi, secondo quanto racconta lo stesso cronista la ragione ci sarebbe: una ritorsione per le sue inchieste su presunti episodi corruttivi che avvenivano negli uffici della Questura. Il fermo dell’uomo è stato documentato con un video girato da un testimone oculare e le modalità di fermo adottate dagli agenti hanno suscitato sconcerto e indignazione pubblica. 

Tutto comincia sabato scorso. Carchidi sta passeggiando quando viene fermato da una pattuglia della polizia che gli chiede i documenti. L’uomo si rifiuta perché, come ha affermato lui stesso, a Cosenza è conosciuto da tutti, compreso dagli stessi poliziotti, quindi non capisce perché fornire le sue generalità. Quel rifiuto però gli costa caro: viene sbattuto contro la volante e picchiato come se fosse un pericoloso personaggio, senza dargli nemmeno la possibilità di mostrare il documento di riconoscimento; dopodiché viene caricato in macchina e portato in Questura. 

Il caso ha però voluto che l’azione dei poliziotti venisse documentata con il cellulare da un testimone e mostrano scene che di solito si vedono solo negli Stati Uniti d’America, quando la polizia si accanisce su un fermato, soprattutto se il fermato è un uomo di colore. Gabriele Carchidi sa che il rifiuto di esibire i documenti costituisce un reato, ma è convinto di essere stato oggetto di “un avvertimento” da parte della Questura per le sue inchieste sulla polizia del posto, accusata dal giornalista di presunte sparizioni di coca e soldi sequestrati a spacciatori e parcheggiatori abusivi. Il fermo, secondo Carchidi, sarebbe stato un monito a tacere su presunti reati commessi da alcuni poliziotti. La prova sarebbe nelle parole di uno dei poliziotti: “Io sono il capo pattuglia e tu sei un diffamatore”.

“Volevano punirmi”, ha dichiarato l’uomo, “ma la mia colpa è solo quella di raccontare un sistema perverso che in Calabria riguarda un vasto sistema politico ed economico e non risparmia neanche alcuni poliziotti”. Carchidi rischia un mese di reclusione per rifiuto di fornire le proprie generalità, ma la condanna sarebbe maggiore se gli venisse attribuita anche la resistenza a pubblico ufficiale, anche se la scena ripresa dal testimone oculare dimostra che non c’era stata alcuna reazione da parte dell’uomo, bloccato e picchiato come fosse un ribelle e non un cronista che fa il suo dovere: informare l’opinione pubblica di zone d’ombra di certe istituzioni.

L’accusa alla polizia di avergli teso una azione di avvertimento è di quelle gravi e andrà provata in sede giudiziaria. Cosa che Carchidi annuncia che farà presto: “Li vado a denunciare per tutto quello che mi hanno fatto. E vedremo se il Tribunale deciderà di archiviare tutto”. Sulla vicenda è stata diramata una nota da parte della Questura. “In riferimento alle notizie di stampa circa un servizio di controllo del territorio di sabato scorso nel quartiere ‘San Vito’, si precisa che, nell’ambito dell’attività effettuata, il personale dell’Ufficio volanti ha ritenuto di identificare un cittadino che, assumendo una posizione ribelle rifiutava di declinare le proprie generalità”. “La resistenza opposta dalla persona oggetto del controllo – si aggiunge nel comunicato – ha reso necessario utilizzare le standardizzate procedure di contenimento per accompagnare il soggetto in Questura al fine di completare l’accertamento. Tutti gli atti redatti dal personale operante, compreso il materiale video pubblicato dall’interessato, sono stati già trasmessi alla Procura della Repubblica per consentire una compiuta ed esaustiva ricostruzione dei fatti”.

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