Marco D’Aniello era talassemico, cioè affetto da una malattia del sangue che comprometteva la sua salute. La sua morte però ha destato scalpore per altre vicende: è rimasto a terra per più di cinquanta minuti, in attesa che si liberasse un’ambulanza.
L’indignazione per ciò che è successo si è poi trasformata in rabbia per i familiari della vittima, soprattutto dopo l’indagine svolta internamente dall’Asl Napoli 1 che ha svelato l’impensabile: un’ambulanza libera c’era, ma non è stata mandata in soccorso.
Dopo cinque mesi dalla tragedia, sono spuntante delle telefonate choc di quel giorno. A pubblicare tali conversazioni è stato il Corriere del Mezzogiorno. Per le conversazioni, e dopo la dimostrazione di ambulanza libera, sono stati sospesi temporaneamente gli operatori che, il 3 Agosto 2017, risposero alle telefonate di soccorso.
Una delle frasi choc pronunciate dall’operatore del 118 è stata: “Se è morto non serve più l’ambulanza. Nel frattempo, Marco perdeva la vita vomitando sangue e conoscenza sul binario 14 della Stazione Centrale di Napoli.
Le cinque telefonate al 118
Una delle prime chiamate al 118 l’ha effettuata la vigilanza della stazione: “Abbiamo una persona a centro stazione, binario 14, che sta molto male e…caccia sangue dalla bocca”, poi il vigilante prosegue: “Se possibile una cosa urgente, perché dice che sta molto male“. Dopo qualche minuto, viene effettuata la seconda chiamata dalla guardia giurata, insistendo per l’urgenza della situazione: a quel punto l’operatore risponde che “non ci sono ambulanze“.
Passano altri minuti e questa volta a chiamare è la Polfer: “C’è una persona che sta male, che sta vomitando sangue“; l’operatore risponde “abbè… appena si libera qualche ambulanza ve la mandiamo“.
I minuti scorrono inesorabilmente; ad effettuare la quarta chiamata è un passante che ripete la necessità di un’ambulanza alla stazione Napoli Centrale, in quanto un uomo vomita sangue e prosegue: “Lo stanno facendo morire qui a terra. Io penso che già è morto anche“.
L’operatore a quel punto risponde con una frase choc: “Ah, quindi non serve più l’ambulanza?”. Il signore che ha solo effettuato la chiamata risponde che lui non è un medico, ma che certamente l’uomo non sta bene, e a quel punto l’operatore incalza con frasi sconcertanti: “E lei ha detto che era deceduto, scusate. Perché dice cose non vere, mi faccia capire. Lei ha detto che è morto. Ha affermato che è morto“. Poi l’operatore dichiara che l’ambulanza è in arrivo.
Ma i minuti diventano sempre di più, e dei soccorsi non c’è traccia. La quinta e ultima telefonata viene effettuata dalla vigilanza che, con toni decisamente alterati, si rivolge all’operatore: “Lei mi sta prendendo per scemo, perché se mi risponde sempre sì, sì, sì, sembra che io sono lo scemo della situazione. Io le sto dicendo che c’è una persona a terra che ha bisogno urgentemente di un’ambulanza e lei scherza su una situazione del genere“. L’operatore ribatte: “Lei dice che io sto scherzando?”, e poi l’altra frase choc: “Signore le ambulanze non ci sono, ci sono altre 6 persone come la persona della quale lei parla che sta aspettando un’ambulanza e le ambulanze sono tutte impegnate“.
Dopo questa telefonata sono state effettuate altre tre chiamate al 118; tutte si sono rivelate inutili: Marco D’Aniello, 42enne, è morto in stazione. L’ambulanza arriva in stazione e in soccorso dell’uomo dopo più di 50 minuti dalla prima chiamata. L’Asl Napoli 1 continua ad effettuare indagini interne per scoprire la verità, ma ciò che bisogna chiedersi davvero è se sia possibile che, nel momento del soccorso, non ci siano ambulanze disponibili ed un uomo possa morire dopo più di cinque chiamate al 118.