La liberazione per le donne dal matrimonio riparatore è avvenuto 40 anni fa grazie a Franca Viola di Alcamo, classe 1948, figlia di due coltivatori siciliani. La ragazza ha 15 anni quando si fidanza con un ragazzo del suo paese, Filippo Melodia, nipote di un mafioso, di cui il giovane segue le orme sino a finire in prigione.
A quel punto il primo “No” lo grida il papà di Franca, determinato nel rompere il fidanzamento ufficiale di sua figlia, nonostante il rischio di essere emarginati dalla comunità. E’ il 26 dicembre del 1965 quando Franca e il fratellino vengono rapiti dagli uomini al servizio dei Melodia, e mentre il piccolo viene rilasciato quasi subito, la sorella viene rinchiusa in un casolare e violentata ripetutamente per 5 interminabili giorni.
Una volta riportata a casa, umiliata, sfinita e “disonorata”, il padre di Franca viene contattato dalla famiglia Melodia per una proposta di matrimonio, in modo ridare “dignità sociale e morale” alla reputazione della fanciulla e suggellare un patto di pace tra i genitori di entrambi. A quell’epoca, l’articolo 544 del codice penale italiano, prevedeva la forma del “matrimonio riparatore” per estinguere il reato di sequestro di persona e violenza carnale.
Ed è qui che arriva il secondo “No”, questa volta urlato da Franca Viola, trascinando in tribunale i suoi sequestratori, successivamente processati e condannati, tra cui Filippo Melodia, il quale dopo aver scontato la pena, sarà ucciso da un colpo di lupara da persone ignote.
Il ministro di allora, Oronzo Reale, propose di abolire la norma del codice penale sul matrimonio riparatore, ma bisognerà attendere il 1981 per ottenere tale risultato, insieme all’abolizione del delitto d’onore, e attendere addirittura il 1996 per far approvare la legge che intende lo stupro come un reato contro la persona, e non solo contro la morale.