Femminicidio Marianna Sandonà: 20 anni di carcere all’ex convivente

Marianna Sandonà è stata uccisa con 19 coltellate. Il suo assassino, il suo ex convivente, è stato condannato dai giudici della Corte d'Appello di Venezia, a 20 anni di carcere.

Femminicidio Marianna Sandonà: 20 anni di carcere all’ex convivente

I giudici della Corte d’Appello di Venezia hanno confermato la condanna a 20 anni di carcere per Luigi Segnini, 41 anni, per l’omicidio della sua ex convivente, Marianna Sandonà. Forse non tutti ricorderanno questo femminicidio, davvero spietato, avvenuto l’8 giugno 2019 quando l’uomo, un camionista di Torri di Quartesolo, colpì la 43enne con 19 coltellate nel retro del palazzo a Montegaldella, dove la vittima viveva.

Segnini si accanì anche contro Paolo Zorzi, amico e collega della Dab Pump di Mestrino della vittima, 43enne, ferito gravemente da due fendenti inferti dall’omicida, per poi cercare di togliersi la vita con lo stesso pugnale, colpendosi più volte al torace e al collo. 

Il movente e i racconti del testimone chiave Zorzi

Stando a quanto emerso, Segnini non voleva accettare la fine della relazione con Marianna Sandonà ed è per questo che l’ha uccisa. Quando, a fine luglio 2019, Zorzi si è svegliato dal coma, ha raccontato di essere stato accoltellato dal Segnini nel tentativo di difendere Marianna che lo aveva voluto con sè, in quell’ultimo incontro chiarificatore con il suo ex, temenendo un’aggressione.

Non si sbagliava Marianna, che proprio in quell’ultimo incontro è stata colpita fatalmente. Il testimone-chiave Zorzi racconta: “E’ sceso dall’auto con il coltello, gridando come un pazzo”. La sentenza di primo grado aveva derubricato a lesioni aggravate le osservazioni della Procura che, invece, contestava a Segnini, il tentato omicidio nei confronti di Zorzi. Il ricorso, accolto dai giudici del Tribunale di appello, era stato presentato dal pm Hans Roderich Blattner. Segnini si era fatto interrogare, scrivendo anche delle lettere agli inquirenti ammettendo le sue responsabilità, e in aula non ha mai aperto bocca.

“Una sentenza ingiusta, non è giustizia questa”, commenta Marino Sandonà, il padre di Marianna. “Purtroppo i nostri timori si sono rivelati fondati. A me non cambia nulla, nessuno mi ridarà mia figlia. Però il messaggio è che uccidere Marianna non vale il carcere a vita, e mi dispiace. I soldi? Se mai arriveranno non saprò cosa farmene. L’unica cosa che mi fa piacere è che si è fermata la scia di furti di fiori e piante in cimitero, sulla tomba di Marianna. Chi li ha portati via ha commesso un crimine ai miei occhi quasi più grave di quello di Segnini”.

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