Fece scendere dal treno un passeggero con biglietto irregolare: capotreno condannato a pagare 15.000 euro

Un capotreno veneziano finisce a processo e deve pagare 15.000 euro per aver fatto scendere un passeggero con biglietto irregolare, in una vicenda che mette in luce le difficoltà dei lavoratori nel far rispettare le regole.

Fece scendere dal treno un passeggero con biglietto irregolare: capotreno condannato a pagare 15.000 euro

La vicenda del capotreno veneziano che nel 2018 fece scendere da un treno un passeggero nigeriano con un biglietto non valido ha assunto negli anni toni paradossali, diventando simbolo di un groviglio tra responsabilità professionale, diritto e gestione delle regole. L’episodio, avvenuto sulla linea Belluno–Padova a Santa Giustina Bellunese, nasce da un intervento ordinario: il controllore, notando un uomo senza biglietto valido a bordo, cercò di far rispettare le norme, spostando il borsone del passeggero per invitarlo a scendere.

La situazione, però, degenerò rapidamente quando il viaggiatore reagì con calci e schiaffi, costringendo l’intervento dei carabinieri. Se nelle intenzioni del ferroviere si trattava di un semplice esercizio del proprio dovere, la Procura sollevò dubbi sulla correttezza del gesto. Il passeggero, come emerso durante le indagini, possedeva effettivamente un titolo di viaggio, seppur non valido, portando all’accusa di tentata violenza privata e di abuso d’ufficio.

In particolare, il capotreno era stato contestato anche per una frase pronunciata in stazione: «Se non sali, non ti denuncio», interpretata dai PM come possibile pressione ingiustificata. Il processo, che catturò l’attenzione dei media e suscitò reazioni politiche, vide in primo grado una condanna a 20 giorni di reclusione con pena sospesa.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, definì la sentenza “incomprensibile alla gente comune”, sottolineando la difficoltà di bilanciare rispetto delle regole e percezione pubblica di giustizia. Il procedimento, dopo anni di attesa e dibattiti, si è concluso con la prescrizione, considerata dalla Filt Cgil equivalente a pieno proscioglimento: nessuna responsabilità penale riconosciuta al capotreno.

Tuttavia, a rendere amara la conclusione resta il peso economico: circa 15.000 euro di spese legali rimaste a carico del lavoratore. Né Trenitalia né la Regione Veneto hanno voluto intervenire per coprire i costi, nonostante avessero espresso piena solidarietà durante i momenti più critici del processo. La Filt Cgil denuncia la beffa, ricordando che il supporto legale promesso allora oggi non è stato concretizzato, lasciando il capotreno da solo a fronteggiare le conseguenze finanziarie e professionali di un gesto compiuto nell’esercizio del proprio ruolo. Oltre all’aspetto economico, la vicenda ha avuto un forte impatto sulla vita personale e lavorativa del controllore, che, ammalatosi nel frattempo, si è trovato a dover gestire le difficoltà derivanti da una vicenda giudiziaria lunga e complessa. La storia, divenuta simbolo di discussioni su responsabilità lavorativa e tutela dei dipendenti, evidenzia come la linea tra applicazione delle regole e interpretazioni legali possa essere sottilissima, trasformando un intervento ordinario in un percorso giudiziario tortuoso.

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