Fake news, giornalisti e produttori Mediaset a processo per aver diffuso un post-bufala

Il concerto di Ariana Grande, a Manchester, si era concluso con un grave attentato. Subito dopo, via Facebook, è stato diffuso un post-bufala: a Pioltello, gli islamici avrebbero festeggiato in un bar.

Fake news, giornalisti e produttori Mediaset a processo per aver diffuso un post-bufala

Il 22 maggio 2017, alla Manchester Arena, un kamikaze di origine islamiche si è fatto esplodere provocando morti e panico. Ventidue giovani vite che stavano partecipando al concerto di Ariana Grande sono state spezzate da quello che è stato considerato uno degli attentati più gravi messo in atto dall’integralismo islamico.

Pioltello, un comune in provincia di Milano, ricorderà per sempre quel giorno, perché, anche se a chilometri di distanza, la suggestione e l’immaginazione di un uomo si è trasformata in una fake news che, dalla sua pagina Facebook, è passata come notizia del giorno accreditata dal fatto che è stata annunciata alla Tv, e quindi ritenuta “vera”. Milioni e milioni di italiani l’hanno ascoltata e recepita per vera, visto che a divulgarla era stata una nota emittente televisiva. Solo più tardi è stato chiarito che era una bufala.

Pare che i primi a credere al post-bufala siano stati i giornalisti di “Mattino 5“, che non hanno esitato a portarsi sul posto per raccogliere le voci dei testimoni. Quindi hanno divulgato il nome del bar in cui era accaduto il presunto fatto, il “Marrakech Lounge”, e quanto accaduto all’interno: gli islamici avrebbero festeggiato all’attentato kamikaze. La falsa notizia portò in cattiva luce il bar a cui, subito il giorno dopo, sarebbe stato appiccato il fuoco.

Quattro giornalisti di Mediaset, insieme all’uomo che scrisse il post sul bar di Pioltello, hanno ricevuto in questi giorni l’avviso che le indagini per diffamazione aggravata sono giunte a conclusione. La notifica, che di solito precede il rinvio a giudizio, è arrivata dal pm Giovanni Polizzi.

L’esperto di informatica giuridica e docente all’università Statale, Giovanni Ziccardi, ha commentato il fatto: “Questo è un caso dove sono presenti tutti e tre i fattori con cui la tecnologia ha stravolto la comunicazione. Ovvero l’amplificazione, la persistenza, e la viralità del messaggio“.

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