Il rapper Fabri Fibra ha rotto il silenzio sulla recente sentenza della Corte di Cassazione che lo ha visto condannato, insieme alla sua casa discografica Universal Music Italia, al pagamento di un risarcimento da 70mila euro nei confronti del cantante Valerio Scanu. La vicenda, che ha origine nel 2013, riguarda i contenuti ritenuti diffamatori del brano A me di te, contenuto nell’album guerra e Pace.
“La sentenza è quello che è, non ci sono tanti modi per prenderla: l’ho presa”, ha affermato Fabri Fibra con tono rassegnato ma lucido. Il rapper non ha mostrato alcuna volontà di contestare ulteriormente la decisione della magistratura, ma ha offerto una riflessione sul significato più ampio del verdetto. Contrariamente a chi l’ha interpretato come un colpo alla libertà di espressione artistica, Fibra ha una visione differente: “Non penso sia una minaccia alla libertà di parola, anzi secondo me è tutto il contrario. Io sono stato liberissimo di dire quel che volevo dire”.
Il punto, secondo l’artista, è un altro: la libertà di parola esiste, ma comporta delle responsabilità. “Non è vero che non puoi dire le cose, ma logicamente ci sono quelle che ti faranno pagare un prezzo”, ha spiegato. Fibra ha quindi posto un interrogativo che suona come una provocazione all’intero mondo dell’arte e dello spettacolo: “Se sei un artista, la mia domanda è: tu dici le cose perché le puoi dire o non le dici perché hai paura di pagare le conseguenze?”.
Alla domanda se avesse mai incontrato o parlato con Valerio Scanu, Fibra ha risposto secco: “No, non lo conosco, non l’ho mai visto”. Il rapper ha poi spiegato la sua posizione sulla distinzione tra la persona privata e la figura pubblica: “Per me è molto importante la distinzione fra l’artista e la persona: io parlo dell’artista. Se ci sono degli attacchi, sono sempre alla figura pubblica, che si chiama pubblica perché è esposta, anch’io sono esposto”.
La querelle giudiziaria ha preso il via più di dieci anni fa, nel 2013, con la pubblicazione del brano A me di te, dove alcuni versi furono ritenuti offensivi nei confronti di Scanu, vincitore del Festival di Sanremo nel 2010. Da lì è partito il lungo iter giudiziario, conclusosi ora con la condanna definitiva per diffamazione.