Il detenuto di Bollate Emanuele De Maria e la 50enne Chamila Wijesuriyauna, di origine cingalese, prestavano servizio all’hotel Berna, un albergo a quattro stelle situato in via Napo Torriani, nei pressi della stazione Centrale. L’uomo lavorava da esterno, come previsto dall’articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario, lei faceva invece la barista.
Quando aveva saputo dell’arrivo di Emanuele, il marito di Chamila l’aveva avvertita di ciò che aveva commesso in passato: De Maria, infatti, era stato in prigione per aver messo fine alla vita di una donna. I fatti risalgono al 2016, quando Emanuele causò il decesso di una 23enne a Castel Volturno, in provincia di Caserta, deceduta a colpi di coltello.
All’epoca l’uomo era fuggito, ma la polizia tedesca lo acciuffò nel 2018 a Weener, paese al confine con i Paesi Bassi. Doveva scontare 14 anni e tre mesi di pena, poi è stato trasferito nella prigione di Bollate nel 2021, dove giunse come “ventunista”, ovvero come lavoratore esterno previsto dall’articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario. A partire dal 2022 è stato assunto come receptionist all’hotel Berna: l’uomo aveva dichiarato di trovarsi bene con i colleghi ed era felice di essere stato accettato.
Fu proprio in questo hotel che conobbe Chamila Wijesuriyauna, la donna di origine cingalese con cittadinanza italiana, da tempo assunta come baritsta. La donna viveva a Cinisello Balsamo, era sposata e aveva un figlio. Nessuno poteva mai pensare quello che sarebbe accaduto sabato mattina all’hotel Berna: Emanuele De Maria ha colpito con diversi fendenti Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, un italiano di origini egiziane che lavorava con lui in hotel.
Nonostante le lesioni, l’uomo è sopravvissuto e sarà interrogato per ricostruire gli eventi accaduti in appena 48 ore. Infatti, nel frattempo era scomparsa Chamila, e dopo il ritrovamento del cadavere di De Maria, che si è gettato dal Duomo di Milano schiantandosi al suolo, è stata ritrovata la donna, anche lei senza vita.