Il terremoto del marzo del 2012 è stata una delle tragedie recenti che più ci sono rimaste impresse: Emilia, parte del Veneto e della Lombardia, hanno subito ingenti danni da quella calamità naturale. Ebbene, ancora oggi, solo il 20% delle imprese colpite dal sisma del Polo della Mirandola hanno avuto accesso ai fondi appositamente stanziati dallo Stato per la ricostruzione dell’impresa.
Tra l’80% delle aziende che ancora devono avere i finanziamenti statali, vi è anche la Ri.Mos biomedicale, una delle eccellenze italiane nel campo della biomedicina con sede a Mirandola, che ancora non ha visto ‘il becco di un quattrino’. Da tre anni a questa parte, infatti, la risposta della presidente Maria Nora Gorni è sempre la stessa: “No, i soldi per la ricostruzione ancora non li abbiamo visti”. Il Polo della Mirandola è considerato il fiore all’occhiello italiano e un’eccellenza a livello europeo che, nonostante i danni del sisma, ha chiuso con un +9,7% l’export dello scorso anno.
Al ‘sistema ricostruzione’ del terremoto hanno aderito l’84,5% delle grandi e piccole aziende del polo, composto da 4.000 addetti ai lavori, che riforniscono cliniche e ospedali non solo in tutta Italia, ma in tutto il mondo. Ebbene, da questo studio, emerge che solo il 16,4% delle realtà produttive ha già ricevuto i fondi statali, mentre il 32,7% delle realtà del polo mirandolese sono ancora alle prese con la difficile burocrazia: pensate che il 25,4% delle aziende non ha nemmeno cominciato l’istruttoria, tanto è difficile ottemperare a tutti i criteri per accedervi.
E così, la Gorni ha dovuto ricostruirsi da sé l’azienda, per poi affermare amaramente: “Noi ritardi simili non ce li saremmo mai aspettati, ed è inaccettabile, perché il biomedicale è stato colpito molto duramente dal sisma“. Gran parte delle aziende, purtroppo, si sono indebitate in attesa degli aiuti, anche se sono sopravvissute grazie al fatto che il biomedicale non è un settore in crisi. Nemmeno i soldi delle tasse, a quanto dice la Gorni, hanno risparmiato o condonato a queste aziende: insomma, il solito ‘pasticcio all’italiana’.