Divorzio negato perché il matrimonio non esiste: il parroco aveva dimenticato la trascrizione, lei fa causa

Una donna scopre che il suo matrimonio concordatario non era mai stato trascritto nei registri civili, e il rifiuto dell’ex marito di autorizzare la trascrizione tardiva impedisce di procedere legalmente alla separazione; la vicenda arriva fino alla Cassazione

Divorzio negato perché il matrimonio non esiste: il parroco aveva dimenticato la trascrizione, lei fa causa

La storia di un matrimonio concordatario mai trascritto nei registri civili arriva fino alla Corte di Cassazione, con una vicenda che unisce profili civilistici e canonici e che evidenzia i limiti della responsabilità tra coniugi e istituzioni religiose. Nel marzo del 2009, una coppia siciliana sceglie di unirsi con rito religioso in una parrocchia locale, sottoscrivendo contestualmente due finanziamenti per oltre 66.000 euro destinati a coprire le spese della cerimonia e dell’allestimento della nuova casa.

Tuttavia, poco più di un anno dopo le nozze, la coppia entra in crisi e decide di separarsi. È in questa fase che emerge un dettaglio inaspettato: il parroco non ha mai trasmesso l’atto matrimoniale ai registri civili, impedendo di fatto alla donna di avviare le pratiche di separazione legale. La moglie, consapevole dell’ostacolo burocratico, chiede all’ex marito di prestare il proprio consenso per una trascrizione tardiva dell’atto, passaggio necessario per attribuire effetti civili alla celebrazione religiosa e procedere legalmente.

L’uomo rifiuta formalmente tramite lettera, impedendo così qualsiasi procedura autonoma immediata. Davanti a questa situazione, la donna decide di adire le vie legali nel 2011, chiamando in causa sia il sacerdote sia la Curia, sostenendo la loro responsabilità e richiedendo un risarcimento per presunti danni patrimoniali e morali.

Il Tribunale di Messina, nel 2019, respinge la richiesta, sottolineando che la donna avrebbe potuto promuovere autonomamente la trascrizione tardiva e che il diniego dell’ex non configura un comportamento illecito. La Corte d’Appello conferma la decisione nel 2023, precisando che il consenso alla trascrizione non costituisce un obbligo giuridico, ma una scelta personale del coniuge.

Inoltre, non emerge alcuna prova concreta di danno né un riconoscimento di debito valido da parte dell’ex marito. La Cassazione, infine, chiude la vicenda dichiarando il ricorso inammissibile, ribadendo l’assenza di obblighi giuridici e di danno dimostrabile. Al centro della questione vi è l’articolo 8 della legge n. 121 del 1985, che disciplina la trascrizione dei matrimoni religiosi: la registrazione civile può avvenire successivamente alla celebrazione, ma è necessaria la volontà di entrambi i coniugi.

La Corte evidenzia che, col passare del tempo, non può più presumersi un accordo congiunto a attribuire effetti civili all’unione e che il rifiuto del consenso rientra nel diritto all’autodeterminazione individuale. Un ulteriore punto di discussione riguarda una lettera dell’avvocato dell’ex marito, in cui si manifestava una disponibilità a contribuire alle spese sostenute dalla donna. La Corte chiarisce che tale comunicazione non costituisce riconoscimento di debito, essendo subordinata a documentazione e non provenendo direttamente dal marito.

Infine, anche la Curia e il parroco vengono ritenuti privi di responsabilità, poiché non emergono negligenze gravi né danni concreti derivanti dall’omissione. La vicenda sottolinea l’importanza delle formalità burocratiche nei matrimoni concordatari e il ruolo imprescindibile del consenso di entrambi i coniugi per attribuire effetti civili a un’unione religiosa.

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