Deceduto a 52 anni, dona cuore e reni: il suo gesto salva due vite. La rinascita nel dono di un uomo ai margini

Una storia toccante, di sofferenza ma anche di straordinaria generosità, arriva dall’ospedale Santissima Annunziata di Chieti, dove nelle scorse ore si è consumato una disgrazia che si è trasformato in un gesto di speranza per altri.

Deceduto a 52 anni, dona cuore e reni: il suo gesto salva due vite. La rinascita nel dono di un uomo ai margini

 Ha vissuto una vita ai margini, lontano dai riflettori, segnata da momenti difficili e da cadute che l’avevano spinto in una spirale di isolamento e dipendenze. Eppure, proprio nel momento più disperato, quando la sua esistenza si è spenta a soli 52 anni, ha compiuto il gesto più nobile e altruista che un essere umano possa fare: donare i propri organi per salvare la vita di altri. È la storia di un uomo di Chieti che, dopo essere stato colpito da una grave emorragia cerebrale, è stato ricoverato d’urgenza nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Santissima Annunziata.

Le sue condizioni, sin dal primo momento, sono apparse critiche e purtroppo non c’è stato nulla da fare: poche ore dopo l’arrivo in ospedale è sopraggiunta il decesso encefalica. Ma il suo ultimo atto ha trasformato la sofferenza in speranza. L’uomo, infatti, aveva espresso in vita la volontà di donare i propri organi, registrando la propria scelta presso gli uffici del Comune. Una volontà chiara, lucida, consapevole. E così, una volta completato il protocollo previsto in questi casi, con la conferma del decesso da parte del collegio tecnico, è stato avviato il delicato iter per il prelievo.

Il Centro Regionale Trapianti è stato immediatamente attivato: gli esami necessari per la tipizzazione degli organi sono stati inviati e in poche ore è stato messo in moto un meccanismo complesso, efficiente e carico di umanità. A Chieti sono giunte le équipe specializzate da Udine, Roma e L’Aquila. Il cuore è stato affidato ai chirurghi friulani, mentre i reni sono stati destinati a pazienti in attesa a L’Aquila. Il fegato, sebbene inizialmente preso in considerazione dal San Camillo di Roma, non è stato ritenuto idoneo per il trapianto.

Dietro questo straordinario intervento si muove un’intera macchina organizzativa e sanitaria: le équipe della Rianimazione e della Sala Operatoria, coordinate dalla dottoressa Daniela Albanese, hanno lavorato in stretta collaborazione con i reparti di Cardiologia, Radiologia, Laboratorio Analisi e Microbiologia. Tutti uniti da un solo obiettivo: trasformare una disgrazia in nuova vita. «Ogni volta che assistiamo a un gesto simile, ci sentiamo colpiti nel profondo», ha dichiarato il direttore generale della Asl, Mauro Palmieri. «Ma questa volta, la donazione assume un valore ancora più simbolico: è il riscatto di un’esistenza difficile, il segno tangibile che anche da percorsi complicati può nascere qualcosa di meraviglioso.

Quest’uomo non è riuscito a salvare se stesso, ma ha salvato altri. E questo ci deve far riflettere, soprattutto in un’epoca in cui la cronaca ci mostra spesso il lato peggiore dell’umanità. Oggi, invece, possiamo parlare di altruismo, di dignità, di speranza che rinasce». Grazie a lui, due persone potranno tornare a vivere. E in quel gesto silenzioso, compiuto in vita, c’è tutta la grandezza di un uomo che, pur nell’ombra, ha lasciato un’impronta luminosa e indelebile.

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