Dopo una vita da contabile e amministratore di condomini, Paolo Chisci, 70 anni, improvvisamente si è ritrovato con il vizio e la frenesia del gioco. La sua vita, nel giro di qualche anno, è letteralmente cambiata. Abituato a trattare con il denaro, a conoscerne il valore dalla fatica del lavoro e della quotidianità, non aveva mai osato spenderlo senza un sicuro ritorno, come può avvenire nel gioco.
Mai, nemmeno una tombolata nella sua vita, poi inspiegabilmente le sue giornate sono state prese dal desiderio irrefrenabile del gioco. A Chisci sono bastati tre anni per “bruciare” trecentomila euro – tutto ciò che aveva risparmiato lungo il corso della vita -, davanti alle slot e acquistando gratta e vinci. Una frenesia fuorimisura, incontrollabile, e solo a partire da un certo punto della sua vita.
La sentenza del tribunale ha spiegato con queste parole che cosa è successo al signor Chisci: “è diventato un malato di gioco per l’effetto collaterale di un farmaco, il Mirapexin, utilizzato per rallentare i sintomi del morbo di Parkinson” così ha riportato il quotidiano Il Tirreno. La Corte d’appello di Firenze infatti ha dato pienamente ragione a Paolo Chisci, perché: “i medici dell’Asl Versilia ai i quali si è rivolto nel 2005 perché affetto dal morbo di Parkinson avrebbero dovuto informarlo“.
Il tribunale ha perciò previsto il risarcimento per il mancato consenso dell’interessato e ha condannato l’Asl della Versilia a risarcire le spese legali (per un totale di 6000 euro) alle case farmaceutiche Boeringher e Eli Lilly. Secondo i magistrati, infatti, informare il paziente era compito dei medici.
La battaglia legale è durata 4 anni: nel primo grado di giudizio c’era stato uno stop dal tribunale di Viareggio e la richiesta ha dovuto cercare altre strade. Le compresse, fedelmente assunte da Paolo Chisci, lo dovevano aiutare a rallentare il Parkinson e, invece, sono state la causa della sua rovina.