Qualche giorno fa, il virologo Andrea Crisanti, pur nella sua rigidità in quanto ad attenzioni per contrastare il Covid, si è concesso un pranzo in un ristorante presso i Colli Euganei, in provincia di Padova. Con imbarazzo, durante il programma “Un giorno da pecora” trasmesso su Rai Radio Uno il 26 ottobre 2020, ha raccontato di aver ascoltato un coro, piccolo ma sufficientemente preoccupante.
Già il numero delle persone riunite, 12, aveva destato preoccupazione nel noto virologo, quando poi la tavolata, molto vicina al suo tavolo, si è messa a cantare, Andrea Crisanti ha vissuto una specie di incubo e durante il programma ha raccontato: “Mi sono detto ‘speriamo bene’ e mi sono messo la mascherina, m’è preso un colpo quando ho sentito che queste persone cantavano…“.
Anche questa volta, come in altre occasioni il virologo Crisanti si è detto preoccupato. Ancora non era uscito l’ultimo Dpcm – a cui, se dovesse valutarlo, il professore darebbe 8 -, Decreto in vigore dal 26 ottobre che avrebbe nuovamente limitato queste modalità di raggruppamento.
Durante la trasmissione radiofonica Crisanti, esperto in materia, ha riferito come in questo periodo cerca di essere attento a tutto: “Ho diminuito i contatti, cerco di andare all’aperto”. Qualcuno ha osato definirlo il più pessimista tra coloro che, esperti, si stanno pronunciando in questo tempo di emergenza coronavirus, a questi risponde: “Vorrei essere definito il più realista. Poi se realismo e pessimismo coincidono…“.
Crisanti ha contribuito a definire il poi elogiato “modello Veneto” messo in atto durante i mesi della prima ondata della pandemia in Italia. I fatti raccontati del ristorante e della festa di compleanno parlavano di una situazione “normale“, facile da rintracciare in questi mesi in cui la guardia si è un po’ abbassata dimenticando che i risultati ottenuti andrebbero consolidati per evitare un fenomeno a spirale.