Covid.19: esami del sangue per decidere se tornare a lavoro

L'Italia inizia a programmare il post-quarantenza e a valutare chi far tornare a lavoro e chi no. I test sierologici che rilevano la presenza degli anticorpi contro il Covid-19 potrebbero essere la soluzione

Covid.19: esami del sangue per decidere se tornare a lavoro

Da qualche giorno in Italia aleggia la sensazione che forse il peggio sia passato. Sembrerebbe che le settimane di isolamento decretate per frenare la diffusione del nuovo coronavirus stiano iniziando a dare i loro frutti. Questo raggio di speranza ha acceso il dibattito su quando e come riaprire senza provocare un’altra catastrofica ondata di contagio.

L’idea di alcuni politici è di identificare i cittadini immuni, la punta di diamante per ritornare alla “normalità”. La presenza nel plasma di specifici anticorpi contro il Covid-19 sarebbe la discriminante in base alla quale stabilire chi potrà tornare al lavoro e chi no, chi dovrà restare in isolamento e chi sarà libero di uscire di casa.

Limiti del test sierologico

Quando veniamo infettati da un agente patogeno, virus o battere, il nostro sistema immunitario reagisce contro di esso e iniziamo a produrre anticorpi che rimangono nell’organismo anche quando il virus è stato eliminato. “Generalmente iniziamo a produrre un tipo di anticorpo (immunoglobulina M o IgM) intorno al settimo giorno dall’infezione e un altro tipo di anticorpo (immunoglobulina G o IgG) dopo il decimo giorno“, spiega il dottor Carreño Quiroz, microbiologo della Scuola di Medicina Icahn del Mount Sinai, a New York. “Il test sierologico deve essere eseguito circa due settimane dopo l’infezione“.

I test sierologici che rilevano le IgM e le IgG presentano però alcuni limiti. “Se usato troppo presto“, prima della produzione degli anticorpi, “il paziente potrebbe essere ancora portatore del virus e contagioso“, afferma il Dr. Michael Skinner dell’Imperial College di Londra. Per questo motivo, esperti come Maurizio Sanguinetti, un infettivologo della Fondazione Gemelli a Roma, suggeriscono di usare entrambe le tecniche, RT-PCR e sierologia.

Un altro problema è rappresentato dalla mancanza di certezza sull’immunità acquisita. “Non possiamo essere sicuri al 100% che se un test rileva gli anticorpi, significa che la persona è immunizzata“, afferma Preston, anche se capita con “la stragrande maggioranza delle malattie infettive”. A questo proposito, l’immunologa del Consiglio Nazionale delle Ricerche d’Italia, Luisa Bracci Laudiero, ha dichiarato al quotidiano americano New York Times che gli anticorpi “dovrebbero essere protettivi, tutti speriamo che lo siano, ma non abbiamo la certezza matematica“. “Siamo un po’ un laboratorio”, ha affermato per definire la situazione dell’Italia.

Ma questo non ha impedito ai politici di aggrapparsi all’idea soprattutto per via delle pressioni per far ripartire l’economia ed evitare una depressione prolungata. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha proposto il rilascio di una speciale “licenza” agli italiani con anticorpi che dimostrano di aver contratto il virus e di aver superato la malattia. Matteo Renzi ha parlato di un “pass COVID“, una sorta di passaporto che permetta ai cittadini non infetti di circolare. L’attuale presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha affermato che, sebbene il blocco prosegua, il governo e gli scienziati hanno iniziato a lavorare per stabilire come rimandare al lavoro le persone che sono guarite.

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