Cosa Nostra si stava riorganizzando: arrestato l’erede di Salvatore Riina

Settimo Mineo, ottant'anni, era stato eletto dalle famiglie siciliane come nuovo capo della cupola mafiosa. I carabinieri lo hanno arrestato ieri, insieme ad altre 46 persone.

Cosa Nostra si stava riorganizzando: arrestato l’erede di Salvatore Riina

La morte di Totò Riina, avvenuta nel novembre del 2017, non ha messo la parola fine alla mafia siciliana, che invece è viva e vegeta. Cosa Nostra si è riorganizzata, e aveva scelto anche che il suo nuovo padrino: Settimo Mineo, 80 anni, palermitano, designato come capo della Cupola mafiosa ed erede dell’ex boss di Corleone.

Le famiglie mafiose di Palermo si erano riunire lo scorso 29 maggio in una sorte di conclave per scegliere il loro nuovo “papa”. E, nell’occasione, avevano messo a punto anche nuove strategie per pianificare le loro attività illecite. Il traffico di droga, innanzitutto, ma anche scommesse online, estorsione, usura e traffico di rifiuti.

Le indagini che hanno permesso ai carabinieri di arrestare ieri 46 persone, tra cui Mineo, erano partita da un’intercettazione ambientale a Francesco Colletti, uno dei boss arrestati. Parlando con il suo autista, Colletti raccontava della riunione del 29 maggio: “Si è fatta una bella cosa, molto seria… molto… con bella gente…bella”.

Dopo la morte di Totò Riina, i capi dei mandamenti siciliani avevano sentito il bisogno di ripristinare la vecchia cupola di Cosa Nostra. Ricostruendo un vertice capace di ridisegnare strategie e direttive, mantenere i contatti con altre organizzazioni malavitose, come la ndrangheta calabrese, e gestire le redditizie attività illecite.

La nomina di Mineo, per il numero uno dell’antimafia, è significativa: “La commissione di Cosa Nostra ha spostato il suo baricentro a Palermo a differenza di quando questa era in mano ai Corleonesi. Viene scelto il capo più anziano, si riconosce il vertice con un criterio oggettivo, non c’è competizione tra le famiglie”, ha affermato il dirigente della DIA.

La mafia siciliana è consapevole che, dopo il clima di terrore instaurato da Riina negli anni Novanta, con gli attentati a Falcone e Borsellino e le bombe a Roma, Milano e Firenze, doveva inabissarsi, scegliendo un profilo più basso nei rapporti con le istituzioni, per non subire altre dure risposte da parte dello Stato. Evitando, quanto possibile, anche faide interne che facessero troppo rumore mediatico.

E Settimo Mineo, il più anziano fra i boss della mafia, corrispondebbe a questo profilo. Ufficialmente gioiellere, fu arrestato e condannato a 5 anni di carcere nel maxi-processo di Palermo che, di fatto, scompaginò l’intera organizzazione malavitosa e scatenò la reazione dei Corleonesi. Fu riarrestato poi nel 2006. Da poco era tornato libero, dopo una condanna a 11 anni.

I 46 arrestati sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni, con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa di Cosa nostra, fittizia intestazione di beni aggravata, porto abusivo di armi, concorso esterno in associazione mafiosa. 

Alla notizia della retata, non sono mancate ovviamente le reazioni di esultanza politica. Come quella di Salvini e di Di Maio, che sul suo blog ha scritto: “Quarantasei arresti e uno in particolare, quello Di Settimo Mineo, rappresentano uno dei più duri colpi inflitti dallo Stato alla mafia. Per questa gentaglia in Italia non c’è più spazio”. 

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