“Siamo in guerra“, con questa frase, Luca Zaia, il presidente della Regione Veneto, facendo il punto sulla situazione, oggi 13 marzo 2020, ha detto chiaramente che bisogna continuare a combattere. Il virus sta terrorizzando tutti, è necessario combattere con le armi che abbiamo a disposizione.
Sono 1595 le persone risultate positive al tampone, e purtroppo “L’algoritmo dice che, se continua così, andiamo verso l’esaurimento dei posti base di terapia intensiva” dopo di che verranno attivati i 150 accessori. Tutte le attività chirurgiche programmate e ambulatoriali sono state sospese, gli ospedali garantiranno soltanto le emergenze.
Sono queste alcune delle misure prese dalla Regione del Veneto per garantire personale e più posti letto possibili in previsione di un maggior afflusso di pazienti con Covid-19 suggerito dai calcoli matematici per i prossimi giorni: “Si richiede di ridurre l’attività chirurgica programmata non urgente nell’ottica di recuperare personale per garantire la gestione di tali posti letto attivati secondo il piano regionale per la gestione emergenza Covid-19“. Potranno accedere ai servizi soltanto alcune categorie segnalate con U (urgente), B (breve), quelle materno-infantile e oncologiche.
Altre misure di sicurezza prese dalla Regione Veneto riguardano la chiusura degli Urp e degli sportelli di prenotazione, in contemporanea verranno potenziati i call center per le prenotazioni telefoniche. I referti di laboratorio e gli esami strumentali, se non accessibili online, verranno inviati per posta a casa dell’utente. Le misure riguarderanno vari ambiti come la distribuzione dei farmaci, ma avranno attenzione alle categorie più deboli: l’assistenza psichiatrica, domiciliare e le urgenze.
Zaia ricorda che respiratori e mascherine sono di difficile reperibilità: “Sul mercato non se ne trovano“. La Regione si sta impegnando a recuperare questo materiale per i pazienti e anche per prevenire il contagio. Tra una settimana si dovrebbero cominciare a leggere i risultati del blocco, ha affermato Zaia riconfermando che “è fondamentale capire che noi cittadini siamo la prima cura, dobbiamo restare a casa”. L’ultimo appello è lanciato ad infermieri, Oss e medici in pensione che – se lo desiderano – possono tornare ad indossare il camice: “Si mettano in contatto con noi“.