Con l’emergenza del Coronavirus la vita di ogni persona è cambiata radicalmente, dalle abitudini di vita quotidiane, persino il modo di pensare e lavorare è divenuto tutto più “smart” iniziando a progettare il lavoro da casa. Il virus ha cambiato dunque anche le relazioni sociali, divenute più sterili che mai, distanti e circostanziali, il tutto per evitare ogni forma di contagio gratuito.
In molti infatti sono preoccupati al virus in essere, alla sua infettività, senza però considerare un aspetto fondamentale della questione: La quantità. Non basta infatti entrare in esposizione con il virus, ciò che appare quindi fondamentale è anche il tempo di esposizione, direttamente correlato quindi con la quantità di virus con cui si entra in diretto contatto.
A specificare il concetto, che per quanto possa sembra scontato e banale spesso è ancora argomento di acceso dibattiti, sono i due illustri dottori, il professore di chimica e genomica Joshua D. Rabinowitz e la ricercatrice Caroline R. Bartman, che durante una lunga intervista concessa al New York Times, sottolineano l’importanza dei tempi di esposizione.
Infatti nell’intervista si legge: “L’importanza della dose virale viene trascurata nelle discussioni sul Coronavirus. Come con qualsiasi altro veleno, i virus sono generalmente più pericolosi in quantità maggiori. Le piccole esposizioni iniziali tendono a portare a infezioni lievi o asintomatiche, mentre dosi più elevate possono essere letali“.
Secondo i ricercatori, laddove le distanze di sicurezza non possono essere mantenute per causa di forza maggiore, basti pensare magari a quel rapporto inevitabile che si ha in fase di pagamento alla cassa dei supermercati con gli addetti delle casse, in quel caso una breve distanza ma parimenti di breve tempi, ovvero circa 6 secondi, può ridurre drasticamente il carico virale eventuale trasmesso.
I due ricercatori aggiungono infine di evitare la paura eccessiva verso le basse dosi, verso gli imballaggi alimentari esposti magari a qualcuno potenzialmente infetto, in quanto hanno un basso quantitativo di carica virale, e di fatto non provocherebbero sintomi eclatanti o preoccupanti in chi ne entra in contatto.