Lo scorso 11 agosto, la Russia ha sorpreso il mondo intero con la registrazione ufficiale del “primo vaccino” contro il Covid-19, battezzato con il nome di Sputnik V. Il vaccino, presentato da Putin come “sicuro ed efficace”, ha scatenato grandi polemiche a livello internazionale e scetticismo da parte della comunità scientifica mondiale, probabilmente per la mancanza di informazioni fondamentali che garantiscano l’efficacia del trattamento.
Ne è convinta la virologa e veterinaria italiana Ilaria Capua, attuale direttrice dell’One Health Center of Excellence, presso l’Università della Florida, negli Stati Uniti, che è stata intervistata dalla BBC Mundo. Capua è diventata famosa nel 2006 per aver isolato il virus dell’influenza aviaria e pubblicato il suo codice in modo che fosse di pubblico dominio. Oggi è uno dei principali riferimenti in Italia nel dibattito sul Covid-19, oggetto del suo ultimo libro, “Il dopo. Il virus che ci ha costretti a cambiare mappa mentale“.
L’esperta ha aperto l’intervista affermando che uno dei temi che genera maggiore preoccupazione, fondamentale per sostenere l’efficacia del vaccino contro il Covid-19, è che nessuna delle equipe che lavora al suo sviluppo conosce la durata dell’immunità nel corpo. Secondo alcuni, detta immunità dovrebbe durare due mesi, ma secondo Capua al momento nessuno sà se durerà quattro, sei mesi o un anno. “Pertanto, mi sembra, che qualsiasi affermazione sia prematura”, afferma. “Fabbricheresti un vaccino i cui effetti durano un mese e devono essere somministrati ogni mese? Certo che no“, aggiunge.
Sebbene lo sviluppo del vaccino sia l’obiettivo principale di molti scienziati, per Ilaria Capua la pandemia ha portato con sé molti altri problemi che devono essere discussi e risolti. Secondo lei bisognerebbe smettere di considerare il Covid-19 come un meteorite, considerato che, pur essendo una malattia pericolosa, la pandemia è stata creata dagli esseri umani che portano il virus “a passeggio“, non rispettano le regole e continuano a vivere come se nulla fosse successo.
“In questo momento la priorità nel dibattito pubblico dovrebbe essere ciò che faremo la prossima volta per evitare questo caos. Abbiamo un piano?”, si chiede. E sottolinea la necessità di operare in ogni città in maniera diversa, perché ciò che è successo a Milano non è lo stesso di ciò che è successo a Roma, ad Assisi o Perugia. “Dobbiamo cercare di capire i punti deboli, non solo del virus, ma della nostra organizzazione“, afferma la virologa.