Coronavirus: il dramma di Venezia senza i turisti

Il terribile impatto economico della pandemia di coronavirus rappresenta un dramma per Venezia, per i suoi 300 alberghi, per i gondolieri, per i bar, ristoranti, negozi di souvenir, che hanno fatto del turismo la loro unica fonte di reddito.

Coronavirus: il dramma di Venezia senza i turisti

Venezia, con i suoi 80.000 abitanti, era abituata a ricevere quasi 30 milioni di turisti ogni anno. I suoi famosi canali sono una meta imperdibile per i viaggiatori giunti in Europa da ogni dove. Ora, a causa della pandemia da coronavirus, è un paradiso deserto. Non è più necessario attendere che si apra un varco tra i turisti sul Ponte di Rialto per ammirare la bellezza del Canal Grande. Né fare lunghe file per salire sul vaporetto: non si sente neppure quell’incessante mormorio in quasi tutte le lingue del pianeta.

Proprio come una città balneare al termine dell’estate, Venezia al tempo del Covid-19 è vuota e muta, abitata solo dai residenti, che non possono godere della bellezza della città a causa delle misure restrittive per contenere il virus. “La cosa più strana di tutte è il silenzio, l’unica cosa che si sente sono i gabbiani che sorvolano la città in cerca di cibo. Non siamo abituati a non sentire il costante rumore delle valigie trascinate dai turisti“, racconta alla BBC Giacomo Cosua, un fotoreporter veneziano di 36 anni.

È facile immaginarne l‘impatto economico per una città che ha fatto del turismo la sua principale fonte di reddito. Al di là dell’insolito panorama, circa 10 mila persone che lavorano nel settore alberghiero sono ora disoccupate, licenziate perché nei 300 hotel della città si è registrato un calo del 98% del fatturato. Lo stesso destino è riservato ai ristoranti, bar, negozi di souvenir, musei, pescatori, spedizionieri e ai 433 gondolieri registrati. “Per noi il turismo è la materia prima. Senza turisti non c’è lavoro“, afferma Emiliano Lorenzato, gondoliere da 20 anni.

In un paese come l’Italia che occupa il primo posto tra i siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è logico pensare che le terribili conseguenze della pandemia non riguardino solo Venezia. In un articolo pubblicato il 19 marzo dalla Federazione italiana del turismo, il suo presidente Vittorio Messina lo ha spiegato in questi termini: “Il coronavirus ha cancellato più di mezzo secolo di turismo“, un settore che rappresenta il 4% del prodotto interno lordo italiano. “L’effetto della pandemia sul mercato internazionale e sulla fiducia dei viaggiatori ci porterà a chiudere l’anno con 260 milioni di visitatori in meno (-60%)“.

Simone Venturini, assessore dell’attività produttiva e dello sviluppo economico del comune di Venezia, parla di un popolo sottoposto a una dura prova, ma “desideroso di andare avanti“. E invia una tirata di orecchie al governo per quelli che considera “aiuti insufficienti, disordinati e confusi“. Ma conclude: “I veneziani non si arresero davanti a un’epidemia di peste, la Basilica di Santa Maria della Salute, costruita dopo la peste del 1630, ce lo ricorda“.

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