Contenzione in ospedale: donna di 39 anni muore dopo sedazione

Una donna di 39 anni muore al pronto soccorso dell’ospedale del Mare di Napoli dopo essere stata sedata e legata alla barella per “disturbare gli altri pazienti”, suscitando l’avvio di un’indagine della famiglia per accertare le responsabilità.

Contenzione in ospedale: donna di 39 anni muore dopo sedazione

La vicenda che ha coinvolto una donna di 39 anni al pronto soccorso dell’ospedale del Mare di Napoli ha suscitato grande attenzione e preoccupazione per le pratiche adottate in ambito sanitario. La donna, indicata con il nome di fantasia Cristina, soffriva di crisi epilettiche e, nella serata dell’11 settembre, è stata ricoverata in stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol.

Durante la permanenza nel pronto soccorso, il personale medico ha deciso di sedarla e legarla alla barella, giustificando l’intervento con la necessità di evitare che arrecasse fastidio agli altri pazienti presenti nella struttura. Cristina è rimasta legata e sotto sedazione per diverse ore. La mattina successiva, alle 7.10, ha subito un arresto cardiaco e poco dopo, alle 7.45, è deceduta.

La notizia ha provocato sgomento tra i familiari, che ora chiedono chiarezza sulle modalità di intervento e sulle circostanze che hanno portato al decesso. L’avvocato della famiglia, Amedeo Di Pietro, ha già presentato un esposto alla Procura, sottolineando il lungo tempo trascorso dalla contenzione fino al momento della crisi cardiaca e chiedendo accertamenti approfonditi sulle decisioni prese dal personale sanitario.

La dinamica del ricovero evidenzia come l’uso di contenzione fisica e farmacologica in ambito ospedaliero rappresenti una pratica delicata e strettamente regolamentata, destinata a situazioni di reale pericolo per sé o per gli altri. In questo caso, il ricorso alla sedazione e alla legatura alla barella è stato motivato dal presunto disturbo arrecato ad altri pazienti, ma la conseguenza tragica ha sollevato interrogativi sull’opportunità e sulla gestione della misura.

La vicenda richiama l’importanza di protocolli chiari, formazione adeguata del personale e monitoraggio costante dei pazienti sottoposti a contenzione. Secondo quanto riferito, Cristina era stata ricoverata intorno alle 22 del 11 settembre e, a causa dello stato di alterazione, la sedazione è stata considerata necessaria. Tuttavia, la tempistica e l’intensità delle misure adottate sono ora al centro delle indagini.

La famiglia, oltre a chiedere giustizia, punta a fare luce su eventuali responsabilità e su eventuali carenze nel monitoraggio della paziente, dato che l’arresto cardiaco si è verificato dopo ore di contenzione. Il caso ha aperto un dibattito sul bilanciamento tra sicurezza dei pazienti e rispetto della loro integrità, sottolineando la necessità di revisione e aggiornamento delle linee guida sanitarie in merito alla contenzione fisica e farmacologica. La vicenda, per quanto dolorosa, offre l’opportunità di riflettere su pratiche ospedaliere più sicure e rispettose dei diritti del paziente, evitando che simili episodi possano ripetersi in futuro. La famiglia di Cristina continua a cercare risposte e giustizia, auspicando che le autorità competenti facciano piena chiarezza su quanto accaduto e che vengano adottate misure per tutelare altri pazienti in situazioni simili.

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