Condannato a morte viene liberato dopo 9 anni. E’ innocente

Un uomo, condannato a morte per l'omicidio di un bambino di 11 mesi che non aveva commesso, è stato rilasciato lo scorso mercoledì dopo aver trascorso nove anni in carcere, quattro dei quali nel cosiddetto "braccio della morte"

Condannato a morte viene liberato dopo 9 anni. E’ innocente

Un operaio edile del Texas, che è stato condannato a morte per un omicidio che non ha commesso, è stato rilasciato lo scorso mercoledì dopo aver fatto nove anni di carcere, quattro dei quali nel cosiddetto “braccio della morte”.

Manuel Velez, 49 anni, è uscito dal carcere di Huntsville come un uomo libero alle 11:32. Fu arrestato nel 2005 e condannato a morte tre anni dopo, per l’uccisione di un bambino di un anno che era parzialmente sotto la sua tutela. Nel corso degli anni, test sul cervello della vittima hanno mostrato che Velez non avrebbe potuto causare lesioni alla testa del bambino, perché provocate prima della sua presenza nella vita del piccolo. Ulteriori prove hanno rivelato che l’imputato, che è intellettualmente disabile, aveva avuto una pessima rappresentanza legale al processo e che il procuratore aveva agito in modo improprio per influenzare la giuria contro di lui.

Brian Stull, un avvocato che ha rappresentato Velez dal 2009 in poi, ha detto che “un uomo innocente è andato nel braccio della morte, perché l’intero sistema ha fallito. L’avvocato difensore lo ha deluso, il pubblico ministero che ha lo scopo di garantire la giustizia ha commesso cattiva condotta, ed anche il giudice ha fatto errori che sono stati riconosciuti in appello”.

L’evento che avrebbe messo Velez nel braccio della morte avvenne il 31 ottobre 2005. Due settimane prima, Manuel si era trasferito nella casa Brownsville della sua nuova fidanzata, Acela Moreno, che aveva 25 anni all’epoca. La donna aveva un bambino di 11 mesi, Angelo Moreno, e lei e Velez erano a casa per Halloween a prendersi cura del piccolo. Nel pomeriggio, Velez si rese conto che Angelo stava avendo difficoltà respiratorie, e chiamò il 911. Il bambino fu ricoverato in ospedale, dove però morì due giorni dopo.

Inizialmente, sia Velez che la madre della vittima furono accusati di omicidio, ma prima dell’inizio del processo, la madre ha accettato un patteggiamento con lo stato del Texas in cui si è dichiarata colpevole del reato minore di aver ferito il suo bambino colpendolo o facendogli sbattere la testa contro un muro. Per questo è stata condannata a 10 anni di carcere, ed è stata rilasciata nel 2010, e subito deportata nel suo paese d’origine, il Messico.

Come parte del patteggiamento, Moreno ha accettato di testimoniare contro il suo fidanzato, nonostante il fatto che aveva detto la polizia in una confessione registrata, al momento del suo arresto che Velez non aveva mai colpito o maltrattato Angelo in alcun modo. Davanti alla corte, disse invece che i problemi fisici del bambino erano iniziati quando Manuel si era trasferito da loro due settimane prima. La perizia sul corpo del bambino che rivelò che le ferite fatali gli erano state causate proprio nel corso di quelle due settimane, fu il colpo di grazia per la condanna a Velez.

Quando i nuovi avvocati hanno portato il caso in appello, hanno scoperto che dall’autopsia risultava invece l’ematoma nel corpo del bambino all’epoca della morte era “ben sviluppato”, e quindi inflitto tra i 18 e 36 giorni prima della morte di Angelo. Questo fatto è risultato fondamentale, dato che prima di trasferirsi a casa di Acela, Velez non aveva avuto alcun rapporto con il bambino. Questo, insieme ad altre testimonianze mai considerate e a diversi elementi importanti ignorati nel primo processo, hanno distrutto le prove dello stato contro di lui.

Adesso Velez potrà uscire e vedere i suoi figli di 15 e 11 anni, che ormai sono cresciuti senza di lui, e i suoi genitori, che stanno invecchiando.

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