Condannato a 30 anni il killer che uccise la psichiatra di Bari

Vincenzo Poliseno, il 45enne che uccise Paola Labriola nel 2013, dovrà scontare 30 anni di carcere. L'uomo è accusato di omicidio aggravato dalla crudeltà. Il marito chiede che siano riconosciute le responsabilità istituzionali.

Condannato a 30 anni il killer che uccise la psichiatra di Bari

La sentenza emessa con rito abbreviato in primo grado ha stabilito 30 anni di carcere all’uomo che ha ucciso il 4 settembre del 2013 la psichiatra Paola Labriola, mentre stava lavorando nel Centro di salute mentale di Bari.

L’uomo, Vincenzo Poliseno, unico imputato nel processo per aver commesso omicidio volontario, è stato riconosciuto dal gup Roberto Oliveri del Castillo sano di mente. La pena porta come aggravante la crudeltà e la futilità dei motivi che hanno condotto l’uomo a commettere il gesto: pare infatti che la donna gli avesse negato dei soldi.

La sentenza ha inoltre approvato il risarcimento danni sia all’attuale che all’ex marito, e anche ai tre figli della donna, tutti costituitesi parte civile. Ecco come ha reagito l’avvocato di Poliseno, Filippo Castellaneta, alla sentenza: “Sul profilo della imputabilità c’è ancora molto da dire perché è un delitto nato in centro di salute mentale, dove tutti sanno non vanno persone che stanno bene con la testa, vanno persone che hanno problemi mentali. Tutto lascia supporre che sia stato quello il movente dell’omicidio, una instabilità di Poliseno”. E ha anche aggiunto: “Aspettiamo le motivazioni e poi proporremo appello”.

L’avvocato ha inoltre ribadito che i giudici hanno riconosciuto il malessere di Poliseno, che a quanto pare stava e sta ancora attraversando un periodo difficile, che l’ha più volte portato a pensare al suicidio, e questa secondo lui dovrebbe essere un’attenuante che dovrebbe anche ridurre la pena. Vito Calabrese, il marito della donna, ha affermato che questa sentenza per i familiari significa molto, e restituisce simbolicamente un senso di protezione da parte della giustizia che ogni cittadino crede di dover ricevere in casi come questo.

L’uomo ha anche aggiunto che dovranno essere verificate anche le responsabilità istituzionali, perché la donna al momento del delitto era sul posto di lavoro ed è stata aggredita senza ricevere alcuna protezione.

La polizia ancora indaga sulla dinamica dei fatti e sta cercando di mettere alla luce tutto ciò che è accaduto prima e dopo l’omicidio, e sulle responsabilità da attribuire all’Asl che avrebbe dovuto tutelare il medico nel suo posto di lavoro, evitando intrusione di estranei o di non addetti ai reparti.

Continua a leggere su Fidelity News