Conclusa lʼinchiesta "Fortnite” sulla rete di pedofili, la scoperta fatta da una mamma

Ad organizzare le trappole per adescare le piccole vittime tramite il noto videogioco era un 17enne. Le indagini sono iniziate lo scorso luglio dopo la denuncia di una mamma.

Conclusa lʼinchiesta "Fortnite” sulla rete di pedofili, la scoperta fatta da una mamma

Dopo alcuni mesi di indagini si è conclusa lʼinchiesta “Fortnite”. Le indagini hanno portato alla scoperta di una rete di pedofili dietro alla quale c’era un 17enne che organizzava gli adescamenti mediante la piattaforma Fortnite. Tramite questa piattaforma il giovane spostava la comunicazione su Tik-Tok, Whatsapp e Instagram.

L’inchiesta è partita grazie alla denuncia di una mamma e sono state avviate le indagini anche in altre regioni.Le indagini, partite ai primi di luglio, sono state condotte dagli agenti di Rivoli con la collaborazione del Compartimento Polizia Postale Piemonte e del Compartimento Polizia Postale Veneto e hanno permesso di individuare il 17enne che organizzava i contatti.

Il giovane adescava bambini di età attorno ai 10 e tramite dialoghi via chat ed altri canali di contatto virtuale si introduceva nelle loto vite. Pian piano convinceva i bambini a ricevere immagini pornografiche e successivamente anche a produrle.I bambini si facevano convincere dal giovane prima perché dava loro dei compensi in denaro, mentre poi venivano minacciati. Inizialmente il giovane fingeva di essere solo un compagno di giochi, quando carpiva la loro fiducia passava a toni più incisivi e inviava immagini pedopornografiche, sino a passare alle minacce.

Tutto questo avveniva all’insaputa dei genitori che non immaginavano minimamente cosa stesse accadendo nelle camerette dei propri figli. A causa del lockdown i bambini passavano molto tempo con i dispositivi elettronici e quindi non sospettavano affatto che dietro qualche contatto potesse celarsi una rete di pedofilia.

A far scattare l’inchiesta è stata la segnalazione di una mamma. La donna ai primi di luglio ha notato nello smartphone del figlio di 10 anni una frase che l’ha incuriosita e così ha aperto la chat per leggere la conversazione. Inorridita da quanto ha scoperto è andata immediatamente dalla polizia di Rivoli a denunciare la vicenda e così la Procura per il Tribunale dei minorenni di Torino ha avviato le indagini che finalmente si sono concluse.

Continua a leggere su Fidelity News