Nel film drammatico del 2004 “Nessuno lo sa” una madre, in un appartamentino a Tokyio, lascia i suoi quattro figli soli per stare con l’uomo di cui si è innamorata. Affidamdo al maggiore dei quattro fratelli, Akira di 12 anni, la responsabilità sui più piccoli, e consegnandogli del denaro per la sussistenza di tutti quasi per lavarsi un po’ la coscienza.
Quando la mamma scompare, Akira diviene, suo malgrado, l’ unico riferimento, l’ unico porto sicuro per i suoi fratelli. Lui bambino, fa per i suoi fratelli quello che gli adulti hanno scelto all’ improvviso di smettere di fare: li sfama, li protegge, li consola.
Nel film nessuno si accorge dei quattro bambini, “nessuno lo sa”, proprio come dice il titolo. La storia di “Nessuno lo sa” oggi è purtroppo un reale e tristissimo fatto di cronaca che ci lascia senza fiato, che in tutti ha smosso qualcosa e che, come attraverso il film, dovrebbe idurci alla riflessione sul silenzio assordante di chi, probabilmente, ha sentito i pianti strazianti della bimba sola, in un appartamento di Milano.
Diana, la bimba morta di stenti a Milano, non l’ha vista nessuno, non l’ha sentita nessuno. Nessuno si è accorto di lei. Una verità che va al di là della singola situazione: “Nessuno lo sa” non è solo un film. A volte è anche la frase che meglio descrive la storia di bambini che ci vivono accanto. Hirokazu Kore’eda, regista giapponese straordinario, riesce con levità a trasmettere la pesantezza della vita che schiaccia i bambini e che porta alla tragedia finale per una di esse -la sorellina più piccola- proprio come la tragedia cui abbiamo assistito inermi in questi giorni.
“Nessuno lo sa” diventa ancor più oggi l’emblema di un’infanzia maltrattata da adulti inetti e disinteressati, nonchè diventati nel tempo sempre più insensibili dinanzi alle necessità dei più indifesi.