Il vice comandante della polizia municipale di Pescara, Massimiliano Giancaterino, ex sindaco di Farindola e assolto nel maxi processo di Rigopiano, ha concordato la messa alla prova per una vicenda giudiziaria che lo vede imputato di lesioni personali, violenza privata e danneggiamento. La decisione, che sarà formalizzata nella prossima udienza predibattimentale fissata per maggio davanti al giudice Schiraldi, prevede che Giancaterino sconti la pena attraverso lo svolgimento di lavori di pubblica utilità presso un’associazione.
L’episodio e le accuse
L’inchiesta prende le mosse da un episodio accaduto il 24 novembre 2023, quando Giancaterino, secondo l’accusa, avrebbe disordinato del proprio ruolo istituzionale durante un confronto con un cittadino. La persone coinvolta, un piastrellista identificato come M.B., avrebbe fermato una pattuglia della polizia locale in via Italica per chiedere spiegazioni riguardo alla sosta della sua auto davanti a un cancello privo di segnaletica di divieto. Secondo il capo di imputazione, Giancaterino, anziché rispondere alla domanda del cittadino, avrebbe chiesto i documenti d’identità. Alla successiva insistenza di M.B. per ottenere chiarimenti, il vice comandante lo avrebbe afferrato per un braccio, trascinato in un vialetto e bloccato contro un muro, premendogli l’avambraccio sulla gola e minacciandolo con frasi come: “Ti trito come il sale, pezzo di m.., bastardo”. L’episodio sarebbe poi degenerato in una lite fisica con due pugni all’addome, seguita dal trasporto forzato negli uffici della polizia locale. Qui, secondo l’accusa, M.B. sarebbe stato colpito nuovamente con tre schiaffi e un pugno al petto.
La registrazione decisiva
La persona accusata, resasi conto della gravità della situazione, aveva azionato il registratore del proprio cellulare, documentando in un file audio il trattamento subito. La registrazione, definita inequivocabile, è stata acquisita agli atti e ascoltata durante l’interrogatorio che precedette la valutazione della misura cautelare.
Le scuse e il tentativo di recupero
Durante l’interrogatorio, Giancaterino si è scusato in aula per il proprio comportamento, ammettendo la gravità dei fatti. Secondo quanto ricostruito, dopo l’aggressione e una volta rientrato negli uffici, l’imputato avrebbe tentato di mitigare la situazione offrendo un caffè alla persona colpita e proponendo di scambiare i numeri di telefono per organizzare un incontro conviviale con le rispettive famiglie. Tuttavia, il giorno seguente, M.B. ha formalizzato la denuncia, avviando così l’inchiesta penale.
La misura cautelare e la decisione del giudice
Il pubblico ministero Anna Benigni aveva richiesto una misura cautelare di sospensione dal lavoro per Giancaterino. Tuttavia, il giudice per le indagini preliminari, Mariacarla Sacco, ha rigettato la richiesta, considerando l’episodio isolato. Anche il successivo ricorso presentato dalla procura è stato respinto.
Il percorso della messa alla prova
Con l’accordo sulla messa alla prova, Giancaterino si impegna a svolgere attività di pubblica utilità, una misura che punta a favorire il reinserimento e la rieducazione dell’imputato. Questo percorso, se completato con successo, potrebbe portare all’estinzione del reato contestato. Il caso, tuttavia, riporta l’attenzione sull’importanza di comportamenti etici da parte dei rappresentanti delle forze dell’ordine e sulle conseguenze di eventuali abusi di potere, sollevando interrogativi su come prevenire situazioni simili in futuro.