Romina Scaloni, dopo aver appreso la scarcerazione di Claudio Pinti, l’untore di Hiv di Ancona, suo ex, che pur sapendo di essere sieropositivo, la contagiò, proprio non ci sta a questa decisione, sentendosi tradita dalla legge. All’uomo, condannato in secondo grado a 16 anni e 8 mesi in abbreviato per omicidio volontario e lesioni gravissime, i giudici hanno concesso i domiciliari per il suo grave stato di salute.
Pinti, dunque, potrà curarsi in ospedale ma forse, dice Romina, i giudici non hanno pensato che autorizzandolo ad andare da solo e liberaramente nel nosocomio per curarsi, lo stesso dove va lei, grazie a lui che le ha trasmesso l’Hiv, se lo potrebbe benissimo ritrovare davanti Insomma, l’untore, con il braccialetto elettronico, potrebbe recarsi all’ospedale “Torrette”di Ancona, dove è in cura proprio la Scaloni, sua ex compagna, che lo denunciò dopo aver scoperto la sieropositività, dando il via alle indagini. La donna, via social, ha lanciato il suo sfogo tramite un video, definendo la scarcerazione del Pinti e i domiciliari come non normali, inconcepibili e inaccettabili.
Dove si trova ora Claudio Pinti
Claudio Pinti, che contagiò altre donne, tra cui la sua ex, Giovanna Gorini, madre della loro figlia, deceduta nel 2017 per le conseguenze della malattia, ha lasciato il carcere di Rebibbia, per trascorrere i domiciliari a casa dei genitori a Montecaroto, in provincia di Ancona. Qui dovrebbe attendere fino al processo per l’ultimo grado di giudizio, la Cassazione, con la prima udienza fissata per il prossimo 10 settembre.
La Procura generale di Ancora ha presentaro ricorso al tribunale del riesame, proprio in merito alla decisione dei domiciliari presa dalla Corte di Assise d’Appello, ritenendo che Pinti possa essere curato in carcere. Se tale istanza dovesse essere approvata, per Pinti potrebbero riaprirsi le porte del carcere.
Le paure di Romina Scaloni
Romina Scaloni si lascia andare a parole forti, non cela il proprio dolore per quanto deciso dalla Corte, aggiungendo che un detenuto ai domiciliari può avere tante possibilità, come quella di fuggire o magari, di presentarsi da lei. Come può curarsi nello stesso ospedale, sapendo di poterlo incontrare lì ogni volta? Romina si chiede “Dov’è la giustizia che deve tutelare tutte le vittime e non i carnefici?”. La donna sta pensando di rivolgersi al Ministero di Grazia e Giustizia o alla Polizia per non rivivere l’incubo che l’ha turbata per tutto questo tempo.