Chernobyl, crescita vegetazione ferma a trent’anni fa

A distanza di trent'anni dalla terribile esplosione di Chernobyl la vegetazione attorno alla centrale sembra come cristallizzata, identica a come era subito dopo lo scoppio. Piatta e imbalsamata, la crescita è pari a zero.

Chernobyl, crescita vegetazione ferma a trent’anni fa

La tremenda esplosione della centrale di Chernobyl avvenuta il 26 aprile del 1986 ha lasciato conseguenze gravissime non solo sugli esseri umani ma anche sulla vegetazione circostante. La zona che circonda la centrale è stata contaminata da materiale radioattivo che ha praticamente bloccato la crescita di alberi e piante, tale da farli sembrare imbalsamati. Da uno studio esguito dalla University of South Carolina è emerso che la vegetazione attorno alla centrale è come se fosse morta, e non subisce alterazioni di nessun tipo, quasi come se il tempo si fosse fermato a quel tragico giorno di trent’anni fa.

I ricercatori hanno analizzato tutta l’area radioattiva e hanno scoperto che la situazione biologica delle piante è proprio rimasta a quella del momento dell’esplosione, e dopo tutti questi anni sembra non aver fatto alcun cambiamento. Uno studio abbastanza approfondito è stato fatto sulla foresta rossa, che presenta oggi diverse anomalie morfologiche e un colore bruno rossastro identico a quello assunto dopo l’esplosione.

Naturalmente le radiazioni ad oggi si sono notevolmente ridotte, e la mutazione degli alberi è esattamente proporzionale al grado di contaminazione radioattiva che si rileva nei vari siti attorno alla zona della centrale nucleare. Inoltre, lo studio dei ricercatori si è concentrato anche sull’analisi di alcuni campioni non contaminati che erano stati immessi per nove mesi nei siti radioattivi. Tracorso il tempo indicato, i campioni immessi nel terreno contaminato hanno rilevato un 40 per cento in meno di decomposizione rispetto ad altri che si trovavano in luoghi più sicuri, lontani dall’area contaminata.

La zona colpita dal disastro nucleare è quasi spettrale, e presenta alberi dalla crescita ferma e invariata: la zona della foresta rossa, un tempo fitta di pini, è una zona ad alta contaminazione e le radiazioni degli alberi morti hanno portato ad una maggiore deteriorazione di molte aree vicino alla centrale.

In conclusione, lo studio eseguito dagli scienziati della University of South California ha messo in luce il sorprendente mancato decadimento della materia organica, dovuto a funghi, batteri, vermi noti come decompositori, che in realtà non eseguono bene il loro lavoro, e che giustifica anche la presenza di alberi sopravvissuti all’esplosione. La paura, secondo gli scienziati, è lo scoppio di un incendio, che porterebbe alla propagazione di innumerevoli quantità di radionucludi, che inalati potrebbero causare conseguenze gravissime. Una situazione da tenere dunque sotto controllo, e che si aggiunge ai pesanti sviluppi futuri che ancora sono conseguenza di quel lontano 1986.

Continua a leggere su Fidelity News