Catanzaro, una diga mai realizzata è costata 259 milioni di euro

Un’opera pubblica mai realizzata, centinaia di milioni di euro andati in fumo, un pesante danno erariale e uno sfregio ambientale irreparabile: è il caso della diga sul fiume Melito, in Calabria.

Catanzaro, una diga mai realizzata è costata 259 milioni di euro

Il progetto prevedeva la costruzione di una diga sul fiume Melito, tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, in provincia di Catanzaro. L’obiettivo dichiarato era quello di creare un grande invaso artificiale a scopo irriguo, idropotabile e per la sicurezza idraulica del territorio. Ma ciò che doveva essere un’opera strategica per lo sviluppo della regione si è trasformato in un enorme fallimento.

Finanziata inizialmente dalla Cassa per il Mezzogiorno e successivamente dai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, la diga aveva ottenuto uno stanziamento complessivo di 259.735.539 euro. Tuttavia, nel corso degli anni, l’intero finanziamento è stato revocato, e la somma risulta oggi irrimediabilmente persa. Ancora più grave: ben 102.602.269 euro sono stati già spesi per lavori parziali e strutture che non porteranno mai alla realizzazione dell’opera.

Non solo un fallimento economico, ma anche un danno ambientale permanente. Le opere iniziali, realizzate con l’impiego di migliaia di tonnellate di cemento armato, hanno compromesso un’area di elevato pregio naturalistico e paesaggistico. L’infrastruttura incompiuta ha deturpato in maniera irreversibile il territorio, senza alcuna prospettiva di riutilizzo o bonifica.

A mettere nero su bianco l’entità dello spreco è la Procura regionale della Corte dei Conti di Catanzaro, che ha contestato un danno erariale di 259 milioni di euro al Consorzio di Bonifica Ionio-Catanzarese.

Fin dall’inizio dei lavori, il progetto fu contestato dal Servizio Dighe del Ministero delle Infrastrutture, l’organo tecnico incaricato della vigilanza sulle grandi opere idrauliche. Secondo i tecnici ministeriali, il progetto iniziale presentava gravi carenze strutturali che mettevano a rischio la sicurezza dell’intera opera e delle popolazioni a valle.

Fu quindi richiesto un adeguamento progettuale, affidato allo stesso tecnico autore del primo progetto, ma le integrazioni apportate non furono mai ritenute sufficienti a garantire la stabilità e la sicurezza dell’invaso. Nonostante ciò, e nonostante l’assenza delle necessarie autorizzazioni, il cantiere continuava a generare spesa pubblica, anche durante i lunghi contenziosi legali con l’impresa appaltatrice.

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