La vicenda giudiziaria legata a Margherita Ceschin torna al centro dell’attenzione dopo la conclusione del processo che ha fatto piena luce su quanto accaduto a Conegliano nel giugno del 2023. Una storia complessa, segnata da rapporti familiari deteriorati e da una scelta estrema maturata nel tempo, che i giudici hanno analizzato nei minimi dettagli per arrivare a una sentenza netta nei confronti dei responsabili materiali.
Margherita Ceschin, 72 anni, è stata trovata priva di vita nella sua abitazione il 23 giugno 2023. Fin dalle prime fasi delle indagini, gli inquirenti hanno escluso cause naturali, concentrandosi invece su una ricostruzione accurata degli ultimi momenti trascorsi dalla donna in casa. Gli accertamenti hanno portato a individuare il coinvolgimento di più persone e, soprattutto, il ruolo determinante dell’ex marito, Enzo Lorenzon, come mandante dell’azione.
Secondo quanto emerso nel corso del procedimento, la donna sarebbe stata sorpresa all’interno della propria abitazione e resa incapace di reagire attraverso un’azione improvvisa. In seguito, la sua vita si è spenta per l’intervento coordinato di due soggetti, poi identificati come gli esecutori. La ricostruzione processuale ha evidenziato come tutto fosse stato pianificato in anticipo, senza lasciare spazio all’improvvisazione, elemento che ha pesato in modo rilevante nella valutazione della Corte. Il movente individuato dagli inquirenti ha radici di natura economica.
Dopo il divorzio, Enzo Lorenzon aveva continuato a versare quanto previsto dagli accordi di separazione. Una situazione che, secondo quanto riferito durante il processo, l’uomo viveva con crescente insofferenza. Da qui la decisione di affidarsi a terzi per porre fine in modo definitivo a un legame che considerava ormai solo fonte di frustrazione. Lorenzon, deceduto nell’agosto del 2025 per cause naturali, non ha potuto affrontare un processo a suo carico, ma la sua responsabilità morale è stata chiaramente delineata negli atti.
La Corte ha pronunciato una sentenza severa nei confronti dei due esecutori, cittadini dominicani di 40 e 31 anni, riconosciuti pienamente responsabili dei fatti. Per entrambi è stato disposto il carcere a vita, ritenendo provata la partecipazione diretta e consapevole all’azione. Diversa invece la posizione di una giovane di 23 anni, inizialmente coinvolta nell’inchiesta, che è stata assolta per insufficienza di elementi a sostegno di un suo ruolo attivo nella pianificazione. Per un altro imputato, anch’egli di origine dominicana, i giudici hanno escluso il coinvolgimento diretto, pur mantenendo aperti alcuni aspetti ancora da chiarire. È infatti previsto per gennaio 2026 un ulteriore processo nei confronti di un quinto indagato, che secondo l’accusa sarebbe stato presente sul posto, ma la cui posizione necessita di un approfondimento separato.