La piccola Fortuna, chiamata Chicca, è morta il 24 giugno del 2014 a soli sei anni: è stata gettata dall’ottavo piano di uno dei degradati palazzoni del Parco Verde di Caiano, nome poetico per un ambiente squallido ove i marciapiedi sono ornati da mucchi di siringhe. Caputo era accusato di aver violentato e ucciso la piccola e di aver abusato sessualmente di due delle tre figlie minori della ex compagna Marianna Fabozzi, imputata per aver saputo degli abusi su una delle sue bimbe e non aver impedito le brutalità.
La donna è indagata anche per l’omicidio del figlio, Antonio Giglio, morto il 27 aprile 2013 a soli 4 anni, precipitato, anch’esso, dalla finestra al settimo piano dell’abitazione dei nonni materni, l’appartamento ove Fortuna era giunta per giocare con le sorelline di Antonio, prima di essere scaraventata nel vuoto.
La Corte d’Assise di Napoli ha condannato Raimondo Caputo all’ergastolo per l’omicidio di Fortuna Loffredo: tredici mesi di isolamento e 14 anni per le violenze sessuali che sconterà nel corso della pena. Marianna Fabozzi è stata condannata a dieci anni. Caputo dovrà pagare una provvisionale di 50 mila euro alla mamma di Fortuna.
Raimondo Caputo è stato rinviato a giudizio il 21 settembre dello scorso anno: il processo, denso di colpi di scena, contraddizioni, scambievoli accuse, ha avuto luogo grazie ai racconti delle figlie di Marianna Fabozzi. Il silenzio, potente come un sibilo, è stato squarciato dalle testimonianze dirette e indirette delle giovani. La maggiore delle tre sorelle, l’amica del cuore di Fortuna, è stata la testimone chiave: nel corso di un incidente probatorio di un anno fa raccontò di aver visto Caputo che cercava di violentare Chicca sul terrazzo. e di aver udito l’urlo agghiacciante della piccola mentre precipitava nel vuoto.
La figlia di Marianna Fabozzi riportò, inoltre, che la madre non era presente sul luogo dell’omicidio. La mamma di Fortuna, Mimma Guardato, è convinta della colpevolezza dell’uomo, il padre della bambina, Pietro Loffredo, ha sempre sostenuto che la figlia non è stata uccisa da Titò, ma da un altro soggetto che vive nello stesso condominio e con cui Mimma Guardato aveva avuto una relazione culminata con la nascita di un altro figlio.
L’avvocato di Mimma Guardato, Gennaro Razzino, ha detto: “La morte di Fortuna è stata caratterizzata da un’omertà diffusa fin dalla fase delle indagini preliminari, mentre durante il processo ci sono state molte reticenze da parte di testimoni, con gli atti inviati in Procura per falsa testimonianza”.