Brusca ha rivelato che Cosa Nostra voleva cambiare strategia

Nel corso del processo per la strage di via Palestro, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha detto che la mafia voleva attuare un cambio di strategia, colpendo il patrimonio artistico italiano al posto delle istituzioni

Brusca ha rivelato che Cosa Nostra voleva cambiare strategia

Il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, che negli anni ’90 era il reggente del mandamento di San Giuseppe Jato, durante il processo per la strage di via Palestro a Milano ha fatto delle affermazioni che sono state rivelatorie su alcuni punti oscuri della attività della mafia: il collaboratore ha detto che dopo la strage di Capaci, Cosa Nostra voleva realizzare un cambio di strategia, e voleva colpire il patrimonio dello Stato attraverso un attentato alla torre di Pisa o depositando siringhe infettate dall’Aids sulle spiagge di Rimini”.

Secondo le rivelazioni di Brusca, che fu dunque uno dei personaggi chiave della stagione delle stragi, dopo l’arresto del boss Totò Riina nel 1993, che fu imputato nel processo sulla trattativa Stato-mafia, la strategia dell’attuazione delle stragi venne condotta da Leoluca Bagarella, che prese in mano le redini per portarla a termine. Sempre secondo quello che ha detto il collaboratore di giustizia, il cambiamento per la strategia era stato suggerito dall’ex estremista di destra Paolo Bellini, che aveva convinto la cosca a colpire non le istituzioni ma il patrimonio artistico italiano.

Brusca ha risposto alle domande del difensore di Tutino, l’avvocato Flavio Sinatra, e ha detto: “Sospettavamo che Bellini facesse parte dei servizi segreti, abbiamo scoperto che aveva contatti con i carabinieri“. Nel corso dell’udienza altri collaboratori di giustizia sono stati ascoltati come testimoni, ad esempio Gioacchino La Barbera e Baldassarre Di Maggio.

Il testimone La Barbera ha anche detto: “Bellini diceva di avere contatti con un generale dei carabinieri che in cambio dell’aiuto per recuperare alcune opere d’arte rubate in Sicilia, avrebbe potuto fare dei favori ai detenuti”. In questo contesto il Bellini avrebbe detto di colpire facendo attentati a musei e chiese, e quindi terrorizzando lo stato attraverso la distruzione del patrimonio artistico.

Il 24 febbraio ci sarà l’altra udienza, e quel giorno saranno ascoltati gli ultimi testi: tra loro ci sarà anche Paolo Bellini. Dopo questa udienza, il 24 marzo si terrà invece la requisitoria della pubblica accusa condotta dal pm milanese Paolo Storari, e dovrebbe essere presentata la richiesta di condanna. Se tutto procederà nelle date esatte, il 15 aprile dovrebbe essere pronunciata la sentenza.

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