Nizza, sono le ore 18:50, mentre si illuminano i primi lampioni sulla strada, a ridosso della spiaggia, la corsa di una Renault Scenic con targa francese viene improvvisamente interrotta da tre auto che le tagliano la strada, terminando così la latitanza del boss Antonio Lo Russo, il quale capisce subito che la sua latitanza è giunta alla fine.
Antonio lo Russo non è solo famoso per la sua appartenenza al clan dei Capitoni, ma anche per la sua forte fede calcistica per il Napoli, che lo vedeva spesso a bordo campo a guardare la sua squadra del cuore, infatti egli appare in diverse foto di tre incontri che la squadra partenopea ha disputato durante la stagione calcistica 2009/2010
In fuga dal 5 maggio del 2010, il boss 33enne era in lista tra i 100 criminali più ricercati in Italia. Da quando il padre, Salvatore Lo Russo, si è convertito alla giustizia, lui era diventato il reggente del clan dei Capitoni. Il capo di un clan che da Milano estendeva i suoi rami fino a mezza Napoli. A trovarlo sono stati due carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Napoli, un bel colpo che rende orgoglio a tutta l’arma e tutti i corpi investigativi italiani che hanno lavorato per molto tempo per raggiungere questo scopo.
Il ricercato, percorreva la promenade più famosa di Nizza con suo cugino Carlo Lo Russo, anche egli ricercato per un tentato omicidio del 9 marzo scorso a Milano. I due sono in trappola, non hanno scampo, la folla di curiosi non riesce nemmeno a capire che quello che sta succedendo non è un incidente, ma un’operazione internazionale di polizia, subito i due vengono caricati su auto blindate che li portano al commissariato, dove trascorreranno la loro prima notte da detenuti.
Operazione da manuale, svolta dai militari sotto il comando del reparto operativo di Napoli, che grazie ad alcune tracce lasciate di recente da Carlo Lo Russo, detto Lellè, che l‘indagine durata quattro anni ha avuto una svolta positiva per la giustizia.
La disinvoltura del latitante nel girare per le vie di Nizza, dimostrava che il capo clan aveva trovato in quella città un covo sicuro, ma non troppo per i nostri militari, che da anni si muovevano alla ricerca di Antonio Lo Russo, il quale è stato già condannato con giudizio abbreviato a 20 anni di reclusione per i reati di stampo camorristico e traffico di sostanze stupefacenti.