Bologna, disabile licenziata costretta all’elemosina

Una madre disabile di 42 anni è stata licenziata dall'azienda per la quale aveva lavorato per 9 anni a Bologna, rimanendo senza lavoro. La famiglia le ha voltato le spalle, ed ora elemosina per strada: "Spero che qualcuno mi aiuti".

Bologna, disabile licenziata costretta all’elemosina

Essere disabile e madre di due figli non è semplice di per sé; ma quando a questa situazione già delicata si aggiungono il venire licenziata, ripudiata dalla propria famiglia e persino dal marito, il riuscire a tirare avanti non può che risultare incredibilmente drammatico. E’ questa la sorte che è toccata ad una donna bolognese di 42 anni, la cui testimonianza è stata raccolta dal portale BolognaToday.

Il cognome dell’intervistata – nominata semplicemente “Samantha” – non è stato reso noto, ma non è un mistero che la si possa trovare spesso a fare l’elemosina nel capoluogo felsineo lungo via Indipendenza, a ridosso della magnifica cattedrale di San Pietro.

Una situazione che Samantha non ha scelto né cercato, tant’è che le sue origini lasciavano presagire tutt’altro futuro per lei: bolognese doc e figlia di una coppia benestante (il padre è un imprenditore), in giovinezza ricevette un’istruzione di primo livello sostenendo 14 esami alla Facoltà di Giurisprudenza, ma già allora le frizioni con la famiglia erano forti.

Mamma e papà infatti non avevano mai accettato l’idea di avere una figlia disabile, così tentavano in ogni occasione di dissimulare la sua tetraparesi spastica nella convinzione che potesse essere motivo di imbarazzo per la famiglia. Tant’è che come ha spiegato lei stessa: “La mia famiglia mi ha voltato le spalle già quando ero ragazza, la mia sensazione era che i genitori volessero tenere nascosto il mio handicap ed è finita che quando ho trovato il primo lavoro, sono uscita di casa“.

Da lì Samantha ha svolto un gran numero di attività, continuando a coltivare con grande passione i propri interessi (tra i quali il teatro, un amore che portava avanti collaborando nel progetto “Il baule dei suoni“). Nonostante il suo handicap, la vita sembrava sorriderle: aprì un mutuo e comprò casa, sposandosi e diventando madre di due bambini. Poi però la situazione precipitò.

Venne lasciata a casa dalla compagnia telefonica per la quale aveva lavorato per 9 anni ed anche se i sindacati si mossero per farle riottenere quell’impiego, il mobbing in azienda fu talmente feroce da spingerla a mollare tutto. Il marito la spinse a vendere casa e ad acquistare un appartamento più grande (sebbene lui fosse disoccupato e fosse solo lei a lavorare), salvo poi voltargli anch’egli le spalle: ora lui vive in quell’immobile insieme ai genitori, sebbene figurino tutti nullatenenti.

In tutto ciò Samantha è finita per strada. Ma nonostante la disabilità e le delusioni che le ha riservato la vita (tra cui la revoca dell’affidamento dei figli di 9 e 11 anni viste le sue condizioni, con i bimbi oggi affidati ai nonni, ed un’operazione andata male), continua ad andare avanti per amore dei suoi figli, per la voglia di non mollare: “A 42 anni ho messo da parte la mia dignità e tiro avanti chiedendo soldi ai passanti“.

Ma non è certo questo il futuro che sogna la 42enne la quale ha lanciato un appello chiedendo aiuto, e magari un lavoro che possa andare incontro alle sue esigenze di disabile: “Cerco un lavoro sedentario, visto il mio handicap. Anche un banale inserimento dati […] Chiedo solo di poter svolgere un lavoro che io possa fare. E vorrei oggi, cosa che non ho mai voluto, l’aiuto dei servizi sociali“.

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