Bimba muore a 4 anni, infermiera responsabile assolta: “Ostacolò indagini, mentì per salvarsi, ma non è punibile”

Il giudice Valeria Bolici ha evidenziato che l'infermiera aveva reso false dichiarazioni per proteggere se stessa e i colleghi medici, responsabili dell'errata diagnosi. Quattro medici sono stati condannati per reato colposo.

Bimba muore a 4 anni, infermiera responsabile assolta: “Ostacolò indagini, mentì per salvarsi, ma non è punibile”

Nel cuore dell’Italia, presso il noto Policlinico Sant’Orsola di Bologna, si è consumato un dramma che ha toccato la sensibilità di molti, mettendo in luce i delicati confini tra dovere professionale, verità e necessità personale. L’epilogo di questo caso si è concluso a novembre, con il processo di primo grado nei confronti di un’infermiera accusata di favoreggiamento in relazione al decesso di una bambina di quattro anni, avvenuta il 21 ottobre 2020 a causa di un’occlusione intestinale.

Il giudice Valeria Bolici ha recentemente reso note le motivazioni dietro l’assoluzione dell’infermiera, delineando un contesto in cui la verità è stata sacrificata sull’altare della necessità. L’imputata, secondo quanto riportato, avrebbe reso false dichiarazioni, sia nella relazione sottoscritta il giorno del decesso della piccola sia nelle informazioni fornite alla polizia giudiziaria. Un tentativo, questo, di sviare le indagini per evitare ripercussioni penali personali e proteggere i colleghi medici responsabili dell’errata diagnosi che ha condotto alla scomparsa della bambina.

Quattro medici sono stati condannati per reato colposo, a seguito di un processo che ha messo in luce una serie di negligenze: nonostante due accessi al pronto soccorso, due ecografie e sintomi gravi, l’occlusione intestinale non è stata diagnosticata in tempo, confondendola con una semplice gastroenterite. La piccola, contrariamente a quanto dichiarato dall’infermiera, non era in uno stato di benessere, ma viveva ore di dolore acuto, in uno stato comatoso e delirante, come testimoniato dalla madre.

Le motivazioni della sentenza sottolineano come l’infermiera fosse consapevole delle reali condizioni della bambina, eppure scelse di descrivere uno scenario assai diverso, ostacolando di fatto la ricostruzione delle responsabilità mediche. Una decisione forse dettata dalla paura delle conseguenze legali, ma che ha indubbiamente influito sul corso degli eventi, gettando ombre su un sistema sanitario che dovrebbe essere baluardo di fiducia e sicurezza per i cittadini.

Questo caso solleva interrogativi profondi sul ruolo degli operatori sanitari e sulla loro responsabilità etica di fronte a situazioni limite. L’assoluzione dell’infermiera pone in risalto la complessità delle dinamiche umane che si intrecciano all’interno delle mura ospedaliere, dove la linea tra errore e necessità si fa talvolta troppo sottile.

Mentre la comunità si interroga e il dibattito etico prosegue, resta il ricordo di una piccola vita spezzata troppo presto, e la speranza che situazioni simili possano essere evitate in futuro, grazie a maggiore trasparenza, responsabilità e un impegno rinnovato nella cura dei più vulnerabili.

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