Giovedì 14 maggio, una ragazzina è stata colpita alla schiena da un suo bambino senegalese di dodici anni, che le ha causato una contusione con una prognosi di venti giorni all’esterno di una scuola media di Terni.
A dare l’allarme erano i carabinieri della città che stanno ancora indagando sull’accaduto, e che avevano spiegato un po’ la situazione: secondo questi ultimi il bambino, in Italia da poco più di un mese e che frequenta la scuola da non più di una ventina di giorni, ha aggredito la sua coetanea poiché non voleva che indossasse il crocifisso che aveva al collo. La causa di queste lesioni sarebbe stata quindi di tipo religioso.
Il padre del bambino, però, smentisce tutto e afferma, invece, che “con quello che è successo la religione non c’entra niente. La verità è che mio figlio è stato preso di mira con insulti razzisti e aggressioni fisiche fin da quando è arrivato in classe. E anche giovedì mattina è successo. E lo ha picchiato anche la bambina, insieme ad altri due compagni. Quello che è successo all’uscita da scuola è stata una reazione a quello che era successo la mattina”.
L’uomo vuole precisare che l’intera vicenda gli è stata raccontata dal proprio figlio nel pomeriggio successivo all’aggressione: è stato richiamato dalle maestre poiché dava fastidio, ma al padre è stata negata la possibilità di parlargli tramite telefono.
Poi spiega che al bambino non avrebbe mai potuto dar fastidio il crocifisso dal momento che frequenta quotidianamente la parrocchia. E continua con la spiegazione dei dettagli dei modi in cui il bambino è stato accolto nella classe: insultato e picchiato. Queste potrebbero essere le cause che lo hanno spinto a reagire in quel modo.
Anche la preside dell’Istituto sottolinea che non crede assolutamente alla faccenda religiosa, e che quindi non c’entri niente con il crocifisso.
L’unico rammarico dell’uomo è quello di non aver avuto la possibilità di parlare con il proprio figlio e cercare di calmarlo; nonostante la vicenda tuttavia, non ha nessuna intenzione di non mandare più il bambino a scuola poiché, come ogni altro bambino, deve imparare a leggere e scrivere e non chiederà neanche di cambiare classe.