Baby squillo: tutti condannati i complici che le gestivano

Il gup ha tolto la podestà genitoriale alla mamma che obbligava la figlia a prostituirsi. La donna è stata condannata a 6 anni di carcere e a un risarcimento di 20mila euro che deve alla figlia

Baby squillo: tutti condannati i complici che le gestivano

Gli imputati sul caso delle baby squillo sono stati tutti condannati. La vicenda riguarda le baby squillo dei Parioli per cui il gup di Roma Costantino De Robbio ha eseguito la condanna con rito abbreviato: la pena più alta è toccata al capo dell’organizzazione, Mirko Ieni, a cui sono stati assegnati 10 anni di carcere, mentre sette anni di reclusione sono toccati all’altro complice che gestiva il giro di prostituzione, Nunzio Pizzacalla.

La madre di una delle due ragazzine è stata invece condannata a sei anni di carcere e dovrà risarcire una somma di 20 mila alla figlia, costituitasi parte civile. La donna costringeva la figlia a prostituirsi per guadagnare denaro velocemente e questa è stata l’aggravante che ha portato anche a un’altra decisione del gup: infatti, le ha tolto la potestà genitoriale e anche il diritto di esercitarla dopo. La ragazza sarà quindi seguita da un’istituzione sociale che si occuperà della sua riabilitazione. Anche il commercialista Riccardo Sbarra è stato condannato a sei anni di carcere, così come l’imprenditore Marco Galluzzo, a cui sono stati inflitti tre anni e quattro mesi di pena.

Anche i clienti sorpresi con le ragazze sono stati condannati: Michael De Quattro a quattro anni, Francesco Ferraro e Gianluca Sammarone a un anno. In seguito, a Ferraro e Sammarone è stata dichiarata la sospensione della pena. La vicenda ha suscitato non poche polemiche nell’ambiente romano, soprattutto perché si è svolta nel quartiere Pairoli, considerato uno dei quartieri bene della città. Gli organizzatori avevano tessuto un fitto giro di prostituzione che coinvolgeva clienti danarosi e ben disposti a pagare fior di quattrini per un incontro con una ragazzina. 

La rete era ben preparata e offriva ingenti guadagni sia alle ragazze che ai capi, ma anche alla madre di una delle due che obbligava la figlia a prostituirsi. Nonostante tutto, la ragazzina non l’ha mai rinnegata, anzi ha sempre sostenuto che è stata una brava mamma, giustificandola perché richiedeva denaro per scarpe, abiti e gioielli. Una sorta di comprensione da parte della ragazza, che però l’ha portata piano piano in un tunnel da cui era difficile tornare indietro. 

 

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