La squadra mobile di Pescara ha tratto in arresto sei giovani fra i 14 e i 24 anni, accusati di aver aggredito un 19enne e di avergli rotto la mandibola, e di aver malmenato un ragazzo di 24 anni che è stato ricoverato in prognosi riservata. Oltre a questo, sono anche accusati aver commesso delle rapine. I giovani appartengono a due diverse baby gang, e contro di loro parlano chiaro alcuni filmati e i vari selfie pubblicati su Facebook, messi proprio online per mostrare di cosa fossero capaci, come se questi fatti fossero delle prodezze da ammirare e condividere.
Altre quattro persone sono state denunciate, con l’accusa di aver partecipato ad almeno sette episodi accaduti negli ultimi mesi. Tra i protagonisti di queste aggressioni, in particolare quella avvenuta la notte tra il 26 e il 27 aprile, vi è Fabjol Berisha, 18enne di origini albanesi, e due minorenni che insieme agli altri si sono resi complici del fatto. Altri due episodi si sono verificati la stessa notte: Fabrizio De Florentiis, 24 anni, di Pescara, mandava in ospedale un coetaneo con un poderoso pugno in testa, e il giovane è stato poi ricoverato in neurochirurgia per problemi gravi; altri due giovani, uno di Pescara e uno di Sulmona, sono stati aggrediti da un rom di 17 anni, che è stato poi denunciato alla Procura dei minori dell’Aquila.
Ad occuparsi delle altre aggressioni di marzo sembra sia stata invece la banda della Multipla, individuata perché i ragazzi, dopo i fatti criminali, scappavano sempre a bordo della stessa macchina, riconosciuta e denunciata dalle vittime.
Il questore di Pescara, Paolo Passamonti, ha dichiarato di aver dato una risposta concreta a queste violenze, considerate come un allarme sociale di entità piuttosto grave, vista la mancanza del movente nelle aggressioni. Questi episodi, considerati come knockout game, ovvero gioco criminale, sono un pericolo per i giovani che li subiscono e anche per altri ragazzi che invece, involontariamente, vengono coinvolti nelle aggressioni. Il dato allarmante è il moltiplicarsi di queste vicende, e la diffusione nelle città come fossero degli atti normali. Bisognerebbe condannare la messa online dei vari scatti ed evitare la condivisione, pericolosa anche per chi guarda.