Da colpevole a innocente, e quindi assolta perché il fatto non sussiste: così la Corte di assise di appello di Bologna si è pronunciata assolvendo Daniela Poggiali, 45enne, ex infermiera in carcere per l’omicidio di una paziente di 78 anni, Rosa Calderoni, all’ospedale di Lugo, in provincia di Ravenna.
Daniela Poggiali era stata condannata in primo grado all’ergastolo perché ritenuta colpevole di avere iniettato all’anziana una dose letale di potassio. Detenuta dal 2014, mentre la Corte ordinava la scarcerazione dell’imputata, quest’ultima con una certa euforia ripeteva “Sì, sì“.
Il desiderio di riprendere in mano la propria vita è grande e, all’uscita dal carcere della Dozza di Bologna, avrebbe detto: “Mi hanno dipinto per quello che non sono, e adesso mi riprendo in mano la mia vita, normale e tranquilla. Grazie a tutti e arrivederci. Mamma mia che fatica“. All’uscita dal carcere di Bologna (prima era stata a lungo nel carcere di Forlì), Daniela Poggiali ha trovato, insieme ai giornalisti e ai fotografi, l’ex fidanzato e le sorelle. Secondo la donna, i giudici di Bologna hanno capito la sua innocenza, mentre quelli di Ravenna non l’hanno capita.
In questi anni, pendevano sulla donna terribili accuse: insieme all’omicidio della 78enne, c’era il sospetto che la morte del 95enne Massimo Montanari, avvenuta il 12 marzo 2014, fosse stata opera sua. Per non parlare dei sospetti su decine di altri morti. Accusata di aver sottratto denaro e farmaci in reparto, e di non aver avuto rispetto per i morti, con cui si fotografava in modo non degno di un camice bianco.
Solo a marzo, nella requisitoria, Luciana Cicerchia aveva chiesto che l’ergastolo venisse confermato perché “da qualsiasi parte si esamini la vicenda, non vi sono spazi per soluzioni diverse da una conferma del giudizio di responsabilità o alternative a sanzioni che lo Stato deve dare di fronte a condotte di questa gravità“. Per la difesa, rappresentata dagli avvocati Stefano Dalla Valle e Lorenzo Valgimigli,”Nella sentenza ci sono forti criticità che lasciano spazio a una flebile speranza: quella che la Corte d’assise d’appello sia meno suggestionata“.
Si è – quindi – conclusa con un clamoroso ribaltamento processuale la vicenda della Poggiali, che ora gode della piena libertà.