Aspiranti medici, la fuga dall’Italia: "All’estero test migliori e costo della vita minore"

Cinque storie, cinque destini uniti da un unico filo conduttore: la necessità di abbandonare l'Italia per trovare un futuro. L'Huffington Post ha invervistato cinque aspiranti medici fuggiti dal nostro Paese: ecco cos'hanno detto.

Aspiranti medici, la fuga dall’Italia: "All’estero test migliori e costo della vita minore"

L’Italia non è un Paese per giovani. La premessa è doverosa, visti i fatti che andremo a raccontare, estrapolati da un editoriale dell’Huffington Post. La lente d’ingrandimento è stata posta sugli aspiranti medici, dal momento che sei su sette non riescono a superare i test d’ingresso all’università.

Entrare a Medicina è infatti particolarmente difficile, e questa è cosa risaputa. Ma la maggior parte degli aspiranti medici non possono permettersi di rifare per anni lo stesso test, nella speranza di un’ammissione, “congelando” in tal modo la propria vita (soprattutto viste le tempistiche della laurea e delle varie specializzazioni).

Così negli ultimi anni si è affermata la pratica di ritentare la sorte lontano dall’Italia: realtà come Spagna, Romania, Ungheria, Bulgaria, Albania e Repubblica Ceca sono diventate la salvezza degli aspiranti dottori in medicina, in virtù della possibilità di immatricolarsi presso un istituto estero.

Ma per quale ragione nelle altre nazioni dovrebbe essere più facile avere delle possibilità? Le risposte variano da Paese a Paese, ma una vale per tutti: i test d’ingresso sono diversi. Nello specifico presentano molti meno quesiti scientifici, preferendo test basati su valutazioni psicoattitudinali e di padronanza della lingua inglese. Meno tecnici dunque, ma maggiormente volti a capire le reali potenzialità dello studente.

Inoltre il costo della vita è mediamente minore (fuorché in Spagna), e ciò consente ai ragazzi di concentrarsi maggiormente sugli studi, non dovendo sottoporsi a turni di lavoro massacranti pur di poter studiare ed al contempo sopravvivere. Snocciolando qualche dato si può capire in maniera immediata l’importanza del fenomeno.

Gli aspiranti medici provenienti da altri Paesi in Romania sono ben 9.926; segue l’Ungheria con 8.253 matricole di medicina con passaporto diverso da quello locale, quindi Repubblica Ceca (6.907) e Bulgaria (5.174). E gli italiani che partecipano all’esodo aumentano ogni anno.

Qui mi sento a casa, per questo non chiederò il trasferimento in Italia […] Mi specializzerò all’estero” ha raccontato all’HP Gabriele, 19enne di Ragusa, emigrato a Tirana per ragioni di studio. “Tirana è una città a misura di studente, e costa veramente poco. Una stanza in ottime condizioni non costa più di 150 euro al mese“.

Alle parole di Gabriele fanno eco quelle di Maria Elena, 21 anni, abruzzese di nascita e ceca d’adozione: “Ho voluto la Charles University di Praga per la sua grande reputazione, e le sue agevolazioni economiche […] Lo standard qui è molto alto“. La 21enne ha poi elogiato il sistema scolastico locale, affermando che: “Studio con 80 ragazzi suddivisi in cinque gruppi, ho tutta l’attenzione che mi serve. In Italia non potrei sperare in un trattamento simile“.

Giusy, 22enne napoletana, ha scelto la Bulgaria per il costo della vita e la grande attenzione che viene data alle esercitazioni pratiche alla Medical University di Plovdiv. Ma questa meta (che conta 30 nostri connazionali) non sembra la migliore per quel che riguarda la preparazione dei giovani medici stando alle parole di Andrea, 23 anni, un altro che quell’università l’ha vissuta.

Ci sono persone che si comprano la laurea, la teoria è quasi inesistente. A Plovdiv puoi comprare gli esami con 300 euro“. I suoi genitori vorrebbero che riprendesse a studiare in Bulgaria, perché “sognano il camice come tanti. Ma io ho fatto i conti con la realtà, voglio trasferirmi a Parma e studiare cucina“.

Di ben altra caratura sono invece le università spagnole come testimonia la 24enne dottoressa Joanne, che per entrare alla facoltà di odontoiatria ha dovuto passare un test psicoattitudinale ed uno di lingua inglese: una volta dentro, ci pensano i docenti a formarti a dovere. “Dal terzo anno frequentavo la clinica, a partire dal quarto avevo già i miei pazienti. Oggi sento di poter entrare nel mondo del lavoro con sicurezza“.

Gli aspiranti medici di tutta Italia ormai lo sanno: se nemo propheta in patria, l’Europa è pronta ad accoglierli.

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