Per celebrare il primo anniversario della Women’s March 2017, la marcia contro Trump, si è tenuta a Roma, in Piazza Santi Apostoli, una manifestazione volta all’affermazione dei diritti delle donne nel mondo del lavoro e nella società civile. Asia Argento è stata la protagonista dell’evento con un durissimo j’accuse contro il potere maschile, contro la violenza sessuale, e psicologica sulle donne.
Asia ha accusato il produttore Harvey Weinstein assieme ad altre cento donne ma, diversamente dalla solidarietà ricevuta in Usa, in Italia è stata attaccata duramente sia da esponenti del mondo dello spettacolo, sia dalla gente comune. Nel suo lungo discorso, ha espresso tutto il proprio dolore e tutta la rabbia verso quel sistema palesemente maschilista che incasella la donna e la sottomette.
“Se avessi sentito questo applauso 4 mesi fa, quando mi hanno chiesto di raccontare cosa mi ero successo. Me l’hanno chiesto perché si sapeva nel mio ambiente che era successo, così come era successo ad altre donne. Io posso parlare del mio mostro. Ci sono stati tanti altri mostri nella mia vita e nella mia carriera, non è stato l’unico. Vorrei vedere quante di voi riconoscono di aver subito soprusi, alzate le mani. Non solo soprusi sessuali, ma del potere, perché siamo donne.” La stessa sostiene che, quando le è successa la tragedia, aveva 21 anni, ed ha deciso di metterla sotto il tappeto: quel mostro sotto il tappeto è divenuto ancor più grande, mangiandosi la sua vita. Asia sostiene di aver oggettificato il suo corpo, la sua persona e che, attraverso il suo lavoro, ha lasciato che quel corpo diventasse qualcosa di estraneo.
Per la Argento, nel cinema l’oggettificazione del corpo è così potente che è proprio per questo motivo che il movimento è nato nel mondo del cinema, per espandersi poi in tutti i settori: la violenza contro le donne è trasversale e, per il suo stupro, sostiene, di essere stata rivittimizzata nel proprio Paese, perché è una persona diversa, magari difficile, perché ha mostrato il suo corpo. In Italia l’hanno etichettata come una prostituta, stuprata per far carriera: secondo l’attrice, tale atteggiamento non si può che definire da Medioevo.
Secondo Asia quando le donne avranno lo stesso potere, le cose cambieranno e il movimento #MeToo è l’identificazione di una donna nella sofferenza di un’altra donna, e le spiace che nell’ industria cinematografica non ci sia stata una sola attrice che abbia detto “Io sto con Asia”. Sostiene che le ci sono voluti 20 anni per metabolizzare il trauma, che le leggi vanno cambiate, non bastano pochi mesi per accettare la violenza, le leggi della prescrizione devono mutare. “Se io avessi ricevuto a 21 anni le critiche che ho ricevuto oggi, forse non sarei qui con voi, forse mi sarei tolta la vita. Grazie ai miei figli, ho il coraggio di essere qui. Non so quando cambieranno le cose qui in Italia, in genere si arriva sempre in ritardo. “
Nel finale, Asia Argento ha urlato con forza che la verità può sradicare qualsiasi tipo di patriarcato infuso nel nostro Dna da Berlusconi che, 30 anni fa, ha oggettificato il corpo della donna, rendendola usa e getta. “Basta, non può tornare questo porco nel nostro Paese” e, secondo l’attrice, devono essere depennate anche tutte le persone che condonano la violenza, come l’avvocato Bongiorno che ha giustificato i Carabinieri stupratori e si è candidata con Salvini: “La vergogna che abbiamo provato, ricada sui predatori”.