Alberto Nisman aveva ripetuto proprio l’altro ieri a Natasha Niebieskikwiat, reporter del Clarín, la frase “Posso morire per questo”.
Il corpo di Alberto è stato trovato senza vita nemmeno 36 ore dopo, immerso all’interno della vasca da bagno della sua abitazione di Puerto Madero. Il giudice indagava dal 2004 sull’attentato che era stato perpetrato contro la sede dell’AMIA, la mutua ebraica, che nel 1994 provocò una vera strage: infatti morirono 85 persone e oltre 200 sono rimaste ferite.
Forse le parole del giudice nascondevano una specie di premonizione, o forse era ben consapevole del rischio che stava correndo. Secondo qualcuno, più che una premonizione forse il giudice aveva una certezza nel sapere cosa gli sarebbe accaduto: stando alle dichiarazioni di chi lo conosceva bene Nisman all’inizio della settimana aveva chiuso la sua inchiesta con l’accusa ufficiale alla presidente Cristina Fernández de Kirchner ed al ministro degli Esteri Héctor Timerman. Nisman li aveva accusati di avere trattato tramite una negoziazione l’impunità di Hezbollah e dell’intelligence iraniana, ritenuti responsabili della strage avvenuta, e in cambio avevano ricevuto favori commerciali con Teheran.
Proprio nella giornata di oggi Nisman avrebbe dovuto presentare le accuse alla Camera dei Deputati ed esprimere nei dettagli quali erano i fatti che mettevano in ballo anche alcuni membri del servizio d’intelligence argentina e che hanno rapporti con la presidente Kirchner e politici come Andrés “Cuervo” Larroque e Luis D’Elía.
Il giudice Nisman era in possesso di numerose intercettazioni registrate su 330 CD che sono abbastanza compromettenti per i sostenitori del kirchnerismo. Molte di queste intercettazioni testimoniano il coinvolgimento della presidenza in alcuni colloqui definiti da Nisman criminali. La sua morte dunque desta sospetti e si attendono ulteriori sviluppi sulla vicenda.