La Procura di Palermo, guidata dal procuratore capo Maurizio De Lucia, ha formalizzato la richiesta di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di 18 indagati nell’ambito di una vasta indagine su presunti appalti pilotati nel settore della sanità siciliana.
Tra i soggetti per i quali è stato chiesto il provvedimento figurano l’ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro e il deputato nazionale Saverio Romano. L’impianto accusatorio – ancora da verificare nel contraddittorio con la difesa – contesterebbe ai soggetti coinvolti reati a vario titolo quali associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione, ipotesi che riguardano funzioni pubbliche, dirigenti della sanità e imprenditori che avrebbero gestito un sistema di condizionamento negli appalti.
Nella mattinata del 4 novembre 2025 i Carabinieri del ROS hanno eseguito perquisizioni nell’abitazione di Cuffaro e di altri indagati, notificando contestualmente gli inviti a comparire davanti al GIP per interrogatori preventivi, obbligatori a seguito della nuova normativa in materia di misura cautelare (legge “Nordio”). Solo dopo tali audizioni il giudice potrà decidere sull’eventualità di disporre gli arresti domiciliari richiesti.
Nel caso di Saverio Romano, che riveste la carica di parlamentare, la misura cautelare presuppone comunque l’autorizzazione a procedere da parte della Camera dei Deputati. Romano ha dichiarato: «Apprendo dalla stampa di una richiesta della Procura di Palermo che mi riguarderebbe: non ne so nulla… In ogni caso sono assolutamente tranquillo e a disposizione».
Tra gli altri indagati emergono figure quali Vito Raso – autista e uomo di fiducia dell’ex governatore – il dirigente sanitario Roberto Colletti e il capogruppo alla Regione siciliana della DC Carmelo Pace. Il fascicolo riguarda anche soggetti operanti nel territorio trapanese, con nomi di dirigenti pubblici e imprenditori coinvolti nel presunto sistema corruttivo.
Cuffaro, che nel 2011 aveva ricevuto una condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, aveva scontato parte della pena e lasciato il carcere nel 2015. Romano era invece stato prosciolto nel 2012 per insufficienza di prove dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Anche queste pregressi pesano sul contesto politico-giudiziario della vicenda.
L’indagine rappresenta uno dei casi più rilevanti in Sicilia per quanto riguarda la trasparenza negli appalti pubblici, in particolare nel settore sanitario, da sempre critico per le vulnerabilità e le potenziali infiltrazioni. Il coordinamento tra magistratura e forze dell’ordine è elevato e l’auspicio è che la complessa istruttoria possa fare luce su eventuali condotte illecite che hanno coinvolto risorse pubbliche e responsabilità politiche e amministrative.