Ancora una volta una vittima suicida, ancora una volta dolore e disperazione. La causa, in questi ultimi tempi, è sempre la stessa: la disoccupazione, il dramma che sta affliggendo migliaia di famiglie in Italia. La pensa allo stesso modo il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Osimo, Raffaele Conforti, che afferma “Una tragedia annunciata, figlia della crisi: un dramma purtroppo non isolato”.
La triste vicenda è accaduta ad Agugliano, comune della provincia di Ancona, nelle Marche, poco dopo la mezzanotte del 1 marzo. La vittima è Dimitru Bordea, un operaio di 33 anni di nazionalità rumena, che era rimasto senza lavoro già da tre anni e nonostante le sue continue ricerche non riusciva a trovarne. Venerdì scorso, Dimitru apprende anche la notizia del licenziamento della consorte, aggravando lo stato di profonda crisi della famiglia Bordea. La moglie lavorava come collaboratrice domestica, lavoro che permetteva alla famiglia di andare avanti anche se con molti disagi.
Come spesso accade in questi casi, Dimitru aveva da qualche tempo cercato di affogare il suo dispiacere nell’alcol. Quella sera, però, aveva capito di aver superato ogni limite: è rientrato a casa intorno alle 23.30, un appartamento di famiglia in via Cesare Battisti, ubriaco, spaventando la sua famiglia, soprattutto le sue due bimbe di 3 e 5 anni e, dopo aver pure litigato con la moglie, che non sopportava la vista del marito ubriaco e violento, in preda alla vergogna, e dopo aver visto le figlie piangere, le ha detto “Vai via e porta via le bambine che mi ammazzo, non ce la faccio più”.
Pensando che il marito volesse un po’ di tempo per riprendersi dalla sbronza lontano dagli occhi delle figlie, si è allontanata per un’ora recandosi a casa della cognata. Non aveva dato peso a quelle parole che spesso si dicono in momenti di rabbia e di scarsa lucidità, parole a cui non seguono quasi mai i fatti, ma non questa volta. Al suo rientro in casa, infatti, la scena che si è presentata davanti agli occhi suoi e delle figlie è stata raccapricciante: Dimitru era già morto, riverso sul pavimento in un lago di sangue con un coltello da cucina con la lama di 31 centimetri piantato nella gola che gli ha reciso la vena giugulare.
Nonostante il tempestivo intervento del 118, per Dimitru non c’è stato nulla da fare; sono intervenuti anche i carabinieri di Osimo, il nucleo investigativo di Ancona ed il pm Giovanna Lebboroni che hanno escluso eventuali responsabilità di terze persone. La salma ora si trova nell’obitorio dell’ospedale di Torrette ad Ancona, in attesa dell’autopsia che si svolgerà il 5 marzo.