È proprio vero che la medicina fa passi da gigante. Stavolta, addirittura, qualche passo è riuscita a farlo fare anche ad una donna che, nel 1992, dopo una caduta con gli sci sulle piste di Aspen, Colorado (Stati Uniti), rimase paralizzata dalla vita in giù per una lesione al midollo.
Questo “miracolo” è avvenuto grazie ad una stampante 3D con la quale è stato possibile realizzare una protesi, una sorta di esoscheletro personalizzato, in grado di far camminare una persona paraplegica ma che si può adattare a qualsiasi grado di funzionalità diminuita delle gambe.
Tale sistema, presentato durante un evento a Budapest, è stato brevettato dall’azienda statunitense 3D Systems, che ha già testato il dispositivo sul primo di dieci ‘piloti collaudatori’. La prima persona ad inaugurare il prototipo è stata proprio l’australiana Amanda Boxtel. La donna, che ha compiuto 44 anni, afferma ”Questo progetto rappresenta il trionfo della creatività umana e della tecnologia che si sono unite per restituirmi le mie funzioni in un design incredibilmente bello, alla moda, elegante e naturale”
“Dopo averlo sognato per anni, sono profondamente grata ed eccitata di aver fatto la storia, camminando a testa alta nella prima Ekso-Suit creata con la stampa 3D, creata specificamente per me”, ha poi aggiunto la Boxtel, che ha testimoniato fisicamente durante la presentazione.
Per ottenere una protesi perfetta, definita Ekso-Suit, la donna è stata analizzata da un apposito scanner tridimensionale il quale ne ha rilasciato un’immagine finemente dettagliata del corpo ed in particolare della sua colonna vertebrale. Dopo averla “stampata”, la protesi è stata munita di attuatori e altri dispositivi per il controllo sviluppati da un’altra azienda, la Ekso Bionics, ottenendo così uno scheletro esterno in grado di far camminare Amanda nell’arco di soli tre mesi anche se con l’ausilio delle stampelle.
“Questo – hanno chiarito i medici all’evento di Budapest, organizzato dalla Singularity University – ha permesso di digitalizzare il contorno della spina dorsale, delle cosce e delle creste tibiali per modellare la ‘tuta robotica’ esattamente sul suo corpo evitando sfregamenti che potrebbero portare a infezioni”.
Le stampanti 3D non sono più quindi apparecchi esclusivi per architetti e designer ma trovano ora svariate applicazioni anche nel settore sanitario ed inoltre presentano il grande vantaggio di avere costi relativamente molto bassi.
Diversi sono gli esempi di protesi low cost finora realizzati. L’ultimo interessante esempio è quello di un ragazzo di soli 16 anni del Kansas, che grazie ad un progetto open source lanciato sul web, appena 60 dollari di budget per il materiale e usando la stampante della biblioteca è stato in grado di realizzare una mano artificiale per un suo amico che ne era privo dalla nascita. Ricordiamo anche il braccio artificiale da appena 100 dollari presentato da una azienda americana che sta aiutando le popolazioni del Sud Sudan.