Allarme rifiuti negli oceani: si rischia la catastrofe ecologica

Ricerca-shock dall'università della Georgia: negli oceani galleggiano smisurate isole di rifiuti capaci di coprire fino a 64 volte l'area di Manhattan. E la situazione è destinata a peggiorare

Allarme rifiuti negli oceani: si rischia la catastrofe ecologica

E’ sempre più preoccupante la questione relativa ai rifiuti, specialmente alle materie plastiche, che vengono deliberatamente scaricati negli oceani, incrementando ogni anno a dismisura le cosiddette “isole di rifiuti” che galleggiano al largo delle coste. Questa condotta incredibilmente sconsiderata da parte di chi dovrebbe occuparsi dei sistemi di gestione dei rifiuti, sta contribuendo a creare sconfinati continenti di materiali non riciclati che navigano attraverso gli oceani; un gruppo di ricercatori dell’università della Georgia, USA, ha infatti rivelato che, solo nel 2010, sono stati gettati in mare ben 8 milioni di tonnellate di plastica. La crescita incrementale della produzione è ovviamente direttamente proporzionata alla quantità di rifiuti gettati in mare: nell’ultimo anno infatti, il conto sembra essere salito a 13 milioni. Tra i 192 Paesi coinvolti in questo abominevole rito, che sta assumendo sempre più i contorni di una normale prassi di smaltimento, figura anche l’Italia.

Lo studio, supervisionato da Jenna Jambeck e pubblicato dalla prestigiosa rivista Science, è stato effettuato grazie all’utilizzo di modelli matematici capaci di mettere in relazione la densità di popolazione e la situazione economica di una determinata nazione, con la quantità di rifiuti solidi che esso produce ogni anno. Il risultato è più che drammatico: si stima infatti che, attualmente, negli oceani del pianeta vaghino veri e propri “continenti di plastica” capaci di ricoprire idealmente un’area 21 volte più grande di quella dell’intera isola di Manhattan. Questo secondo i calcoli più ottimistici. A voler essere pessimisti, il risultato-già drastico-secondo le recenti stime va triplicato.

Insomma, la politica del consumismo sfrenato, dell’obsolescenza pianificata e gli inefficienti metodi di smaltimento dei rifiuti plastici stanno conducendo il pianeta verso l’orlo del baratro. E se questa di per sé non è affatto una novità, dacché molti studiosi eminenti si sono già espressi riguardo alla fisiologica insostenibilità della politica del consumismo, è comunque vero che la situazione sta diventando disperata rispetto ad una sessantina d’anni fa, quando già le grandi menti scientifiche iniziavano a porsi questo genere di problemi. Problemi che in fin dei conti, rimangono sotto gli occhi di tutti; anche di chi non vuol vedere. Ma a differenza degli anni ’50, ora la situazione è veramente critica.

Se non arriverà una netta inversione di tendenza, tra una decina d’anni i rifiuti solidi che si troveranno a vagare per le acque del globo raggiungeranno le 155 milioni di tonnellate. Degli spaventosi Frankenstein polimerici del XXI secolo, che sarebbero senz’altro capaci di destare l’orrore più totale anche nell’animo della stessa Shelley, destinati ad uccidere dapprima i mari (la moglie del dottore), e poi…come finiva, quel romanzo?

L’industria dei rifiuti infatti non conosce freni: la produzione di plastica nel corso degli ultimi decenni è incrementata in maniera esponenziale, solo nel 2013 la produzione mondiale di resina di plastica ha toccato le 299 milioni di tonnellate; un raffronto? Si tratta di un aumento del 647% rispetto al 1975. Questo dato fa ben comprendere quanto, sebbene il problema fosse già stato presentato da più parti in tempi non sospetti, ora si stia definitivamente arrivando sull’orlo del disastro ambientale. Ma la cosa peggiore di tutto ciò, è che non sembra esserci una presa di coscienza collettiva realistica nei confronti della proporzione di questo devastante fenomeno, che minaccia seriamente di causare danni irreparabili. L’unica soluzione rimane quella di comprendere le conseguenze di questi scellerati meccanismi, e porvi rimedio prima che sia troppo tardi. Per non finire col fare anche noi la triste fine del megalomane e negligente Viktor Frankestein, che per la propria totale ed assoluta noncuranza finì col pagare il prezzo più alto che si possa immaginare.

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