Affrontato selvaggiamente nella metro di Milano: ragazza pescarese si salva per miracolo. "Ho visto la fine in faccia"

Ancora molto spaventata, ha deciso di raccontare quanto vissuto, denunciando non solo la crudeltà subita, ma anche il silenzio che secondo lei troppo spesso circonda episodi del genere.

Affrontato selvaggiamente nella metro di Milano: ragazza pescarese si salva per miracolo. "Ho visto la fine in faccia"

 PESCARA – «L’ho visto arrivare verso di me, era completamente nudo e brandiva un bastone. Ho urlato, e l’ultima cosa che ricordo è il colpo violento sul viso, poi il buio. Ho davvero visto la fine in faccia». È il racconto agghiacciante di Stefania – nome di fantasia – una giovane donna pescarese di 24 anni, affrontata cattivamente mentre attendeva il treno nella stazione Cadorna della metropolitana di Milano, linea M2. Un episodio sconvolgente, che lei stessa ha scelto di raccontare per denunciare non solo la crudeltà subita, ma anche l’indifferenza che, secondo le sue parole, ha circondato la vicenda.

Stefania è una delle tante ragazze abruzzesi che hanno scelto il Nord per inseguire sogni, lavoro, indipendenza. Una vita costruita con fatica e speranza, infranta in pochi istanti da un’affronto crudele e apparentemente senza motivo. Era un giorno feriale, intorno alle 19.30, ora di punta. La stazione era affollata. Lei, come tanti altri, aspettava il treno che l’avrebbe riportata a casa, direzione Gessate/Cologno. Ma quell’attesa si è trasformata in un incubo.

Un uomo di origine straniera, in evidente stato di alterazione, già noto alle forze dell’ordine per episodi simili  si aggirava nella stazione completamente nudo, impugnando un bastone. Nessuno lo ha fermato. Nessuno ha allertato in tempo le autorità. Nessuno è intervenuto quando, improvvisamente, si è scagliato con crudeltà contro Stefania. «Cercavo di non incrociare lo sguardo, mi dicevo che forse, se non lo guardavo, non mi avrebbe notata. Ma quando ho voltato appena il viso, è stato un attimo: ha alzato il bastone e mi ha colpita in pieno volto. Un  fastidio lancinante. Poi, il vuoto», racconta la giovane, ora seguita da uno psicologo. Mentre lei cadeva a terra, priva di sensi, l’uomo ha continuato a infierire.

L’ha sollevata da terra più volte, sbattendola con crudeltà contro il pavimento. I presenti? Immobilizzati dalla paura, spettatori silenziosi di un’affronto disumana. Solo dopo lunghi minuti, un passante di cui si ignora l’identità ha trovato il coraggio di intervenire. Poi, finalmente, l’arrivo delle forze dell’ordine. «Quando mi sono ripresa, ho visto tante persone intorno. Ho capito di non essere morta. Ma dentro, qualcosa si è spento». Stefania è stata portata in ospedale con una sospetta frattura al setto nasale poi esclusa e numerosi trauma su tutto il corpo. Lividi ovunque, lesioni, collare cervicale.

Ma i segni più profondi sono quelli che non si vedono: «Ho gli incubi, ho paura anche solo a uscire. La metro non riesco neanche a nominarla. Vivo costantemente in allerta». A farle più male della crudeltà subita, però, è la sensazione di essere stata dimenticata: «Mi chiedo perché di questa vicenda non si sia parlato. Perché un’affronto simile, solo perché non sfociata in un delitto, viene considerata un fatto di ordinaria amministrazione. Non basta forse che una donna venga pestata da uno sconosciuto in pubblico per far scattare l’allarme? Serve per forza un femminicidio per mobilitare l’opinione pubblica?».

Dopo l’affronto a Stefania, l’uomo ha colpito anche un dipendente dell’azienda metropolitana e ha tentato di rincorrere altre ragazze. Solo dopo l’affronto a un agente è stato arrestato. «Aveva precedenti. Era già noto. Eppure era libero di girare nudo e armato in metropolitana. Dove sono i controlli? Dove sono le tutele per chi, come me, prende un treno ogni giorno per tornare a casa?», si chiede. L’episodio ha scatenato rabbia e frustrazione anche tra amici e conoscenti, che hanno condiviso il racconto sui social nel tentativo di rompere il silenzio mediatico. Stefania, invece, vuole fare di più: «Voglio che la mia storia serva a qualcosa. Che non venga archiviata come l’ennesima cronaca di paura. Bisogna denunciare, parlare, cambiare. Per me, per tutte». 

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