Ada, una donna campana di 44 anni affetta da Sla (sclerosi laterale amiotrofica), ha ottenuto il riconoscimento del diritto a ricevere l’aiuto medico alla fine della vita, se e quando lo vorrà. Dopo la verifica delle sue condizioni di salute, l’Asl ha confermato che la procedura potrà avvenire «nel pieno rispetto delle garanzie costituzionali e delle pronunce della Corte».
La notizia è stata resa pubblica dall’Associazione Luca Coscioni, che ha accompagnato Ada nel suo percorso legale e umano. La comunicazione ufficiale ai legali è arrivata il 7 ottobre, e l’azienda sanitaria ha già annunciato che procederà con le fasi successive, che comprendono l’individuazione del farmaco e delle modalità di autosomministrazione. Si tratta di un passaggio fondamentale, che garantisce alla 44enne la possibilità di scegliere liberamente in base alla propria volontà, nel rispetto del quadro giuridico stabilito dalla Corte costituzionale.
Il caso di Ada era nato da un primo diniego da parte della Asl, a cui è seguito un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli presentato dal collegio legale coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. In seguito alla nuova valutazione delle condizioni cliniche, le istituzioni sanitarie hanno riconosciuto la piena legittimità della richiesta, aprendo così la strada al percorso di assistenza.
Negli ultimi giorni, Ada ha deciso di rendere pubblica la propria storia attraverso un video, letto dalla sorella Celeste poiché la malattia le ha ormai tolto la capacità di parlare. La Sla, diagnosticata nel giugno 2024, ha avuto un decorso particolarmente veloce: Ada non può più camminare e dipende completamente dai familiari per ogni attività quotidiana, compreso il nutrirsi e l’assunzione dei farmaci. Senza il loro aiuto, la sua sopravvivenza sarebbe impossibile. «In meno di otto mesi la malattia mi ha consumata», racconta Ada attraverso le parole della sorella. «Mi ha tolto le mani, le gambe, la parola. Ho sempre vissuto con intensità, combattendo per la libertà di scelta, e ora chiedo quella libertà per me stessa: poter decidere una vita dignitosa e una fine serena, vicino alla mia famiglia, quando la mia condizione diventerà insopportabile. Ma quanto è crudele dover spendere le ultime forze per una battaglia simile?».
L’avvocatessa Filomena Gallo ha sottolineato l’importanza di questo riconoscimento, affermando che «quando le istituzioni rispettano la legge, è possibile garantire alle persone malate un diritto che non è un privilegio, ma una scelta libera e consapevole, riconosciuta dal nostro ordinamento». L’Asl, dopo l’accordo raggiunto in tribunale, ha applicato in modo corretto la sentenza Cappato e le decisioni successive della Corte, avviando le fasi previste. La vicenda di Ada segna un passaggio significativo nel dibattito italiano sul diritto all’autodeterminazione terapeutica, ricordando come la dignità e la libertà di scelta debbano restare al centro del percorso di ogni persona che affronta malattie gravi e irreversibili.