Sono passati ormai 29 anni da quel 10 agosto 1996, quando la piccola Angela Celentano scomparve sul Monte Faito durante una gita con la sua famiglia. Nonostante il tempo trascorso, il caso non si è mai chiuso definitivamente. Anzi, le autorità giudiziarie di Napoli continuano ad approfondire alcuni filoni investigativi, in particolare la cosiddetta “pista turca”.
Recentemente, la gip di Napoli Federica Colucci ha disposto ulteriori accertamenti proprio in questa direzione, nonostante la Procura, rappresentata dal sostituto procuratore della Dda Giuseppe Cimmarotta, avesse richiesto l’archiviazione per mancanza di prove concrete. La richiesta di archiviazione si basa principalmente sull’assenza di riscontri tangibili nelle indagini, comprese quelle legate al confronto dei tratti somatici di Angela con quelli di una ragazza ritratta in una fotografia, considerata una possibile corrispondenza.
Tuttavia, la decisione della gip testimonia la volontà di non abbandonare nessuna pista che possa portare a una verità definitiva. La famiglia Celentano, assistita dagli avvocati Enrica Visconti e Luigi Ferrandino, è stata tempestivamente informata del prolungamento delle indagini.
La pista turca rappresenta uno degli sviluppi più rilevanti del caso negli ultimi anni. Fu avviata nel 2009, più di dieci anni dopo la scomparsa, grazie alla segnalazione di Vincenza Trentinella, una blogger che raccolse informazioni da un sacerdote, don Augusto, in punto di morte. Secondo il racconto, il prete aveva ascoltato anni prima la confessione di una parrocchiana che affermava di sapere che Angela fosse viva e cresciuta in Turchia, nascosta e adottata come figlia non naturale da una famiglia locale.
Don Augusto avrebbe fornito dettagli precisi, citando un uomo di nome Fafhi Bey come possibile tutore della ragazza. Questa testimonianza, anche se indiretta, si rivelò sufficientemente credibile da spingere la Procura a riaprire ufficialmente le indagini su questo scenario, nel tentativo di far luce su una vicenda che da quasi tre decenni tiene con il fiato sospeso la famiglia e l’opinione pubblica.
Oltre alla pista turca, sono state esplorate altre ipotesi investigative nel corso degli anni. Tra queste, segnali da Sud America, in particolare una ragazza messicana che in passato aveva contattato la famiglia dichiarando di essere Angela, un episodio che purtroppo si rivelò un falso allarme. Altre piste avevano ipotizzato coinvolgimenti legati a contesti religiosi o sette, data la forte componente evangelica del luogo e del momento della scomparsa, ma nessuna di queste ha portato a risultati concreti.